sabato 30 marzo 2013

Biancaneve - 11 gennaio 2013


Cavolo! Sono già passate le tre del pomeriggio. Comincia a far tardi. Il cielo si è coperto e inizia anche a fare freddo.  Nulla a che vedere con la nebbia di questa mattina, per altro molto strana nel finalese, che rendeva sì umidicce le vie, ma almeno manteneva la temperatura ad un livello accettabile. Quelle che vedo in cielo sono nuvole da pioggia e la temperatura, secondo me, si è abbassata di almeno un paio di gradi.
Senza contare che inizio a sentire anche la stanchezza e la fame. Due giorni in falesia sono sempre piuttosto impegnativi dal punto di vista fisico, e non si riesce mai ad andare a letto troppo presto il sabato. Infatti, anche ieri sera, tra una birra e una risata, in pizzeria abbiamo fatto mezzanotte. Uffa, ho le braccia ghisate e ho freddo. Sto già pregustando il buon panino caldo che prenderò a Finalborgo. Non mi interessa quello che vogliono fare gli altri. Io ho fame e voglio un panino. E poi, comunque, non credo che rifiuteranno di fermarsi a bere una birretta. La birra post falesia ci sta sempre!
Certo che se non mi do una mossa questa via non la riprovo più. Com’è che si chiama? Ah sì, Biancaneve. Il primo tentativo non è andato poi così male. Sì, insomma, il 6a a vista io non ce l’ho ancora, però ho fatto solo due resting eliminabili, per non dire stupidi.
Devo ricordarmi di non andare troppo a sinistra lassù, al secondo rinvio. Va bene rendersi la vita più facile salendo lungo il diedro, ma se mi sposto troppo a sinistra, dopo non riesco a rientrare sulla placca: prima ho avuto troppa paura di fare il pendolo. Se non ricordo male, quando mi sono posizionata più a destra c’era un appiglio buono per la mano, una spaccatura orizzontale nella roccia. Vediamo se lo trovo? A sì, eccolo là! È quello che devo prendere. Se metto lì la destra non corro poi il rischio di spostarmi a sinistra. Non sono mica così lunga io.
E poi viene il duro. Lì devo stare sulla placca, non ho alternative. Alla peggio sullo spigolo, ma il diedro lo devo dimenticare. E poi devo ricordarmi che lassù l’appiglio buono è dietro lo spigolo a sinistra. Prima non l’ho visto, e altri non ce ne sono. Per questo mi sono appesa. Se prendo quello con la sinistra sono fuori.
Va beh, ci proveremo.
Adesso sale Matteo, vediamo cosa fa. Certo, lui è più alto di me, però questa via non mette in difficoltà perché gli appigli sono lontani, ma perché gli appigli buoni sono contati. Ecco bravo, per i primi due rinvii sale senza problemi. Sì beh, lì è facile la via. Adesso è arrivato nel punto duro; adesso viene il bello.
“Non stare troppo a sinistra!” gli urlo “se no poi non ne esci più!”
Ecco, bravo! Stai sullo spigolo, sinistra aperta nel diedro e punta il destro. Uno, due, tre tentativi.
“Non ci sono appoggi per il destro!” urla.
Uhm … non è una buona notizia questa. Eppure non mi era sembrata così dura prima.
“Dai Matteo!”
Un altro tentativo, un altro ancora, ecco lì, punta il piede lì e vai su!! E bravo Matteo!! È in catena.
Beh? Ma che succede? Perché Fabio non lo cala? Ah, la corda … è tutta attorcigliata, sembra il filo del telefono.  Queste corde nuove sono un disastro. Anche con la mia, prima, abbiamo avuto problemi. Mmmh, sembra che riesca a farci qualcosa. Sì, ecco, Fabio lo sta calando. Speriamo non succeda anche a me, che poi magari mi prende il panico. E se mi prende il panico, la testa va in tilt ed è finita.
“Fabio?” chiedo “non è che mi faresti sicura? Voglio riprovare questa via”
Va bene … allora … prima il nodo, poi le scarpe. Prendo la corda, faccio il nodo a otto, lo passo nell’imbrago, ripasso il nodo, tiro bene tutti i rami. Fatto. Adesso le scarpe.
Ok, ci siamo.
Alzo gli occhi sulla via. Tranquilla Laura, sai esattamente quello che devi fare. Un respiro profondo e metto le mani sulla roccia. Uhm … è diventata fredda anche la roccia, devo salire in fretta, altrimenti mi faranno male le mani.
Allora, un piede a destra e uno a sinistra del diedro, ecco sono partita. Beh, per ora gli appigli ci sono. C’è quel bel buco due metri più in alto: devo arrivare lì, e devo ricordarmelo dopo per il piede. Sgancio il moschettone e su. Mi sento salire bene, nessuna fatica per ora, ottimo! Anche Fabio è un ottimo assicuratore, mi tiene la corda tesa, ma non troppo. Non mi piace mai avere la corda troppo tesa, mi limita i movimenti.
“Someone kill the DJ … Shoot the fucking DJ”
Tengo il ritmo dei movimenti canticchiando, il che funziona sempre: mi aiuta a mantenere la mente sgombra e la concentrazione alta. Così non mi faccio prendere dalla paura.
Salgo ancora e sgancio il secondo rinvio. Braccia e gambe rispondono bene, non mi sento per niente ghisata. Anche le dita sembrano farcela. Nessun problema per ora, ma il bello arriva adesso. Ok, qui tenersi un po’ a sinistra va bene. Ecco, lì c’era un appiglio buono per la mano sinistra … trovato! Tieniti sullo spigolo, Laura, tieniti sullo spigolo! Alzo un piede, un altro appiglio e sgancio il terzo moschettone, o almeno ci provo. Ma porc … la corda è troppo tesa, non riesco a sfilarla dal moschettone. E dai! Niente! Mi do un piccolo slancio, stacco il piede sinistro … ecco! Sganciata! Uff …  va bene, respira, recupera la concentrazione … Ok, ci siamo. Tranquilla Laura, tranquilla. E respira, continua a respirare.  Allora, avevamo detto … appiglio per la destra, quella spaccatura orizzontale … c’è! Ed è buona come me la ricordavo. Adesso la sinistra in opposizione, piede destro nel buco di prima … beh, buco, è quasi una voragine! Alzo il sinistro, e l’obbiettivo è quella bella frattura per la mano destra. E cavolo, ho trovato solo una schifezza per la sinistra, ma dai che quella lassù se ci arrivo la tengo … alzo la destra … e ci sono! Oddio! Va bene, calma e respira, che le braccia e le dita ce la fanno ancora, nessun segno di cedimento, nessun tremore, solo un po’ di ghisa, ma quella è normale.
Ok, adesso la mano sinistra … Ma cavolo! L’appiglio buono è a destra!! E intanto sono rimasta con la gamba destra a penzoloni! Devo cambiare mano, per forza.
Da sotto la voce di Fabio: “Cambia mano lì!”
Sì, grazie, me ne sono accorta … su la sinistra. Va beh, tutto sommato è agevole cambiarci mano. A destra ci sono dei buchetti, non mi ispirano nessuna fiducia, in realtà … beh, vediamo. No, sono buoni. Adesso il piede destro, devo caricarlo. Dove lo metto? Lo appoggio in parete, è rugosa, terrà. Provo una volta … niente, qui non tiene … provo una seconda, niente … provo una terza, niente! E dove lo appoggio il destro! Cavolo!
“è lì che cerca un appiglio per il destro, che in realtà non c’è!” questo è Matteo … sì, anche lui ha avuto problemi qui.
Guardo in basso, all’altezza del piede. Non c’è proprio nulla. I miei occhi esaminano disperatamente la roccia, lo sguardo si alza … ecco, all’altezza della vita, un po’ a destra la roccia fa come una gobbetta. È piccola, ma il piede può tenére … cioè, deve tenére … lo faccio tenére…
Punto il piede, è un po’ alto ma va bene lo stesso, dai su! Su! Che da qui sei fuori! Alè!
Il piede tiene, stacco il sinistro, e salgo.
Oh mamma! Oh mamma!! Ce la faccio!! Dai, dai! Mano destra nella fessura, la sinistra … beh, la sinistra anche, appena sopra. Su dai, spingi con i piedi, tirati su!! Adesso punta il sinistro da qualche parte, ecco … e su a sinistra c’è l’appiglio buono … mi sporgo, lo cerco, dov’è? Dove cavolo è?  Eccolo!! Sì ci arrivo! Sono fuori!!
Ancora un metro e sono in catena … alè, dai, lassù per il destro c’è una bella lama, ci entra tutta la mano … presa! Alzo i piedi e …
“Blocca!!!” urlo, con la mano sui chiodi, “Sììììì!!”
Un urlo liberatorio! Un 6a! Ho chiuso pulito un 6a!!!
Mi appoggio un attimo alla roccia e respiro, respiro il momento, la gioia, l’orgoglio … anch’io posso chiudere un 6a!!! Anch’io riesco a chiudere un 6a!!!
“Ok, Fabio, cala pure!”
Scendo, e recupero i rinvii … oddio, quasi non ci riesco, mi tremano le braccia, le mani … tremo tutta in realtà, eppure ho caldo, sono bollente … sarà l’adrenalina … eh sì, arrivare in catena mi ha dato una bella scarica di adrenalina … arrivo a terra, quasi cado, le gambe non mi reggono … ho dato tutto, il cento per cento e anche di più.
Ma sono felice.
Ora ricordo: sono i momenti come questo che mi fanno amare l’arrampicata, l’attimo immediatamente successivo all’arrivo in catena, quando tutta la tensione si scioglie, quando dimentico la paura di non farcela, la paura di cadere, quando nemmeno la fatica si fa più sentire. Quando so di avere raggiunto qualcosa che non era scontato, quando so, di avere lottato e di avere vinto. È per questo che sono una climber, è per questo miscuglio di tensione, adrenalina, gioia e acido lattico, che mi da dipendenza, e che solo gli altri climbers possono comprendere.
Sorrido, sono felice.
La giornata è finita, il weekend è finito, purtroppo. Ritiriamo l’attrezzatura negli zaini, avvolgiamo le corde e ci prepariamo a scendere. Si vedono già i fari accesi delle auto che sfrecciano sull’autostrada sotto di noi. Presto saremo anche noi parte del serpentone, diretti verso Novara.
Ma prima, birra e panino.
Me li sono guadagnati.
Leggi tutto...