lunedì 22 dicembre 2014

Pensa Leggero - Ipse Dixit 2014



Un anno e più di arrampicata; un anno e più di giornate passate appesi ad un pezzettino di roccia, con il caldo, con il freddo, con il sole o le nuvole, ma sempre con la stessa voglia di divertirsi. Ed è quasi inevitabile che in tutte queste giornate escano frasi, battute, dialoghi al limite del ridicolo.
Il titolo stesso, “Pensa leggero”, è una battuta, un non sense, un inutile consiglio destinato a chi sta affrontando un passaggio ostico.
Alcune frasi le ricordavo, molte altre mi saranno sfuggite; la maggior parte saranno incomprensibili ai più, qualcuna è diventata una sorta di marchio di fabbrica della nostra comunità rampicante.
Eccone una raccolta, sicuramente incompleta …


Luca Cardano: “Cazzo è Rodellar?”

Fabio Battocchio: “Non banale, non banale …”

Fabio Battocchio: “Bravi, ragazzi! Bravi!”

Fabio Battocchio: “Oh Gesù!”

Fabio Battocchio: "Sì sì, no no..."

Gabriele Torno: “Alza quella gamba! Dio di legno!”

Gabriele Torno: “Aiutati con la bestemmia!”

CATALUNYA CLIMBING

Laura Grey: “Ragazzi, siamo in piedi da 20 ore”
Fabio Battocchio: “E abbiamo fatto solo un 6a+”

Matteo Rasi: “Ci vuole un bel viadotto, come in Liguria. Tutto dritto e non questa strada piena di curve! Saremmo stati a Tarragona nella metà del tempo!”
Laura Ballarin: “Rasi, alla faccia dell’amore per la natura”
Fabio Battocchio: “Sì, ma io avrei fatto tre tiri in più”

Matteo Rasi: “C’è da fare manovra?”
Fabio Battocchio: “C’è da fare la sosta!”

Laura Ballarin: “Tu menti sapendo di mentire”
Fabio Battocchio: “Io mento sapendo di mentina”

Laura Grey: “Rasi! Invece di cazzeggiare, fammi una foto sul 6a!”
Matteo Rasi: “Il tiro devi farlo per la gloria non per i fotografi!”
Laura Grey: “Ma io non conosco nessuna Gloria …”

TORRE DELLE GIAVINE 03/05

Laura Grey: “Fabio, guarda che hai perso una scarpetta”
Luca Cardano: “E non è neppure mezzanotte”

Luca Cardano: “Si sono dimenticati di aggiungere i piedi!” (Sul primo tiro della Torre delle Giavine)

PREMIA 10/05

Andrea Pistocchini: “La fai da primo o da secondo?”
Riccardo Olivani: “Se potessi da terzo!”

Laura Grey Galdini: “Per passare lì … devi fidarti e uscire!” (ovvero come dare indicazioni precise …)

Luca Cardano: “Barbara … tallona!”
Barbara Martinengo: “Cardano! Tallono sto cazzo!”
Luca Cardano: “… se ti piace!”

MOTTARONE 17/05

Laura Grey Galdini: “Cazzo, ho finito i centimetri”
Marco Aurelio: “Tu parti sempre con poca attrezzatura”

Laura Grey Galdini: “Non ho abbastanza apertura alare per fare questo passaggio”

Marco Aurelio: “Mettiti bene contro la parete con il bacino. Fai la patata grattugiata”

MONTESTRUTTO 21/05

Marco Aurelio: “Ma su Morte hanno aggiunto i piedi?”

Marco Aurelio: “Per noi normometrici il passo duro è uno solo” (riferendosi all’altezza di Laura Grey Galdini)

TOIRANO 24-25/05

(In auto sul lungomare di Pegli)
Laura Grey Galdini: “Appena trovo una rotonda mi giro”
Marco Aurelio: “Una rotonda sul mare”

Laura Grey Galdini: “Io sono una calcarista, il Viakal è la mia Kriptonite”

Marco Aurelio: “Ma non è possibile, abbiamo dormito sotto la falesia, e siamo stati comunque i secondi ad arrivare!”

SIMPLON DORF 14/06

Matteo Rasi: “Qui è difficile arrampicare a vista”
Luca Cardano: “Più che a vista qui si arrampica a svista”

Luca Cardano (riferendosi a Marco Aurelio e Laura Grey Galdini): “Ma voi due siete sempre a Montestrutto?”
Laura Grey Galdini: “Veramente io a Montestrutto sono andata solo due volte quest’anno”
Luca Cardano: “Comunque due volte di troppo!”

VAL FERRET 21-22/06

Laura Grey Galdini: “Le Grandes Jorasses! Che belle! … peccato che sia la parete sbagliata!”
Marco Aurelio: “Non può esserci una parete sbagliata!”
Laura Grey Galdini: “No, ma quella giusta è la nord …”


ESIGO 19/07

Matteo Rasi: “Un tiro bagnato e ragnato”

Luca Cardano (Osservando Matteo Rasi sul tiro “ragnato”): “Guarda, Spiderman!”

CUZZAGO 06/08

Luca Cardano: “Finchè c’è dita c’è speranza”

PREMIA 19/08

Laura Grey Galdini: “facciamo dei quarti defaticanti?”
Dario Melchionni: “ma quali quarti! Gli unici quarti che ci facciamo sono quelli di vino!”

MONTESTRUTTO 30/08

Anonimo 1: “cosa fai, la provi questa?
Anonimo 2: “no no, io oggi non scalo. Io oggi faccio solo l’assicuratore”
Anonimo 1: “e cosa sei, un agente Generali?”

(per gentile concessione di Marco Aurelio)

SPERONI DI PONTE BROLLA 31/08 – VIA QUARZADER

Marco Aurelio: “Sei assicurata alla piastrina”
Laura Grey Galdini: “Ok, provo a partire”
Marco Aurelio: “Non provare, parti e basta”

ZUCCO DELL’ANGELONE 14/09

Laura Ballarin : “Com’è il tiro? Duro?”
Matteo Rasi: “Mmm… Insomma… Direi barzotto!”

ROCCA PENDICE – RADUNO FORUMISTICO 27 – 28/09

Marco Aurelio (guardando la strada sul navigatore): “è da un po’ che guadagniamo tempo sul navigatore”
Laura Grey Galdini: “beh, diciamo che non sto andando esattamente piano”

Marco Aurelio (salendo alla guida della Ypsilon): “Hai la cintura di sicurezza chiodata lunga”

SAN VITO LO CAPO 03-11/10

Matteo Grandi: “Cos’altro può succedere?”

Laura Ballarin: “Rasi non prendere i semafori con il giallo che poi la Galdini si becca in pieno il rosso!”
Matteo Rasi: “ah, c’era un semaforo?”

Laura Ballarin (riferendosi allo spaghetto di Laura Grey): “scusa se non riesco a darti corda più in fretta, ma si arriccia tutta … mi sa che da spaghetto si è trasformata in busiata!”

Matteo Grandi: “Unto is a state of mind” (riferendosi al calcare)

Laura Grey Galdini: “Chi mi aiuta a tradurre questa frase dal latino?”
Elisa Tentori: “Io se vuoi ti assicuro”

Fabio Battocchio: “Ballarin, perché non hai fatto il bagno?”
Laura Ballarin: “Non mi sono fidata a fare il passo!”

Davide Crespi: “Ma, cosa sono questi?”
Laura Ballarin: “Finocchi …”
Davide Crespi: “ah, sono fatti così?”

Davide Crespi (vedendo Matteo Grandi salire slegato su una cengia a non più di 2 metri da terra): “Scendi subito di lì che ti fai male!”
Davide Crespi (quando Matteo Grandi decide di scendere dalla cengia): “scendi di culo che se no cadi!”

Laura Ballarin e Laura Grey Galdini in coro(dopo aver scoperto una moka piena di caffè, ma non sapendo chi l’avesse preparato): “la partenogenesi del caffè!”

Laura Ballarin :“Blocca!”
Laura Grey Galdini: “Bloccata!”
Laura Ballarin: “Grazie!”
Luca Cardano: “Grazie? Perché grazie? Da quando si ringrazia per il bloccaggio?”

Elisa Tentori (a Laura Grey Galdini che sta salendo accanto a lei su un tiro da prima, e deve rinviare): “ti posso aiutare in qualche modo?”
Laura Grey Galdini: “no, tranquilla, questa è bella bella in modo assurdo!”
Elisa Tentori: “cit”

Laura Grey Galdini: “Ah, Cristo! Punge!”
Fabio Battocchio: “Ah, Cristo! Hai ragione!”
(alle prese con i cardi sul sentiero)

Elisa Tentori: “ci starebbero i nachos con il formaggio fuso e il peperoncino, ma come li facciamo?”
Luca Cardano: “Aspetta, ho trovato un forno a microonde in bagno!”

Laura Ballarin: “sono andata nell’altro appartamento. C’erano i ragazzi che guardavano la lavatrice girare …”

Fabio Battocchio: “Il paese spaesuto … spaesato … sperduto!”

Laura Grey Galdini: “eh … questo non è un 5a!”
Luca Cardano: “E infatti è un 5c!”

Davide Crespi (a Matteo Grandi): “Scusa Matteo, mi potresti bloccare per favore?”

Davide Crespi (a Matteo Grandi): “Sì però non insaccarmi!”

Laura Ballarin: “Salamize myself!”

Elisa Tentori (arrivata un po’ affannata alla fine di un tiro duro): “Scusate per il fiatone!”

Matteo Rasi: “A casa è già inverno! Quell’inverno noioso perché non c’è ancora la neve!”
Laura Ballarin: “E infatti si chiama autunno!”

Laura Ballarin (su un tiro con un passaggio sotto un tetto): “Sì ma Eli, parancami su un po’, cazzo!”

Tutti (stile coro da stadio): “Mangia il cunzato! Lovati mangia il cunzato!”

Laura Ballarin (passando accanto ad alcuni bimbi tedeschi impegnati a giocare con un pezzo di corda): “Che carini questi bimbi che giocano ad impiccarsi!”

Fabio Battocchio: “Dove sono le chiavi della Volkswagen?”
Luca Cardano: “lì nello zaino!”
Fabio Battocchio: “Ah, sì, eccole le ho trovate!”
Davide Crespi: “eh, ma questo è un problema … Lovati è andato via con la Volkswagen, e ha lasciato qui le chiavi”

Cameriere della Casa del CousCous: “assaggiatelo e poi mi darete il resposto” 

CORMA DI MACHABY 26/10 – VIA DIRETTA AL BANANO

Laura Grey Galdini: “non ce la faccio! Non riesco a salire!”
Marco Aurelio: “Dici sempre così, ma intanto sali”
Laura Grey Galdini: “non è vero, non ci riesco!”
Marco Aurelio: “ma se continuo a recuperare le mezze …”

SASSO BALLARO 2/11

Una coppia sconosciuta, dopo che lei ha fatto un passaggio con un movimento da contorsionista, probabilmente inutile:
Lei: “Mi sono sentita un geco”
Lui: “guarda che hai sbagliato una lettera, ti sei sentita un cieco!”

Laura Grey Galdini (a Marco Aurelio in difficoltà su un passaggio): “più su c’è qualcosa di buono per le mani!”
Marco Aurelio: (non trovando niente): “ma vaffanculo va!”

TOIRANO 8-9/11

Riccardo (l’istruttore): “A chi non beve il vino, Dio neghi anche l’acqua”

Gabriele Torno: “Spittatura rabbit proof”

Luca Cardano: “non distraetemi l’assicuratore”

Sara: “Tirami un po’ che mi piace sentire il culo che viene sollevato”

Sara (a un Luca Cardano particolarmente inflessibile): “oh, ma Cardano, mi sembri il giudice di Giochi Senza Frontiere!”

CERVINIA 16/11

Francesco Semeraro (prima volta che sale su un’ovovia): “oh, ma le porte si chiudono!”

Marco Aurelio: “va bene ‘Tavola Calda’ … ma chi ha gli sci come fa?”

Marco Aurelio (a Laura Grey Galdini dopo aver detto la stessa frase contemporaneamente): “ormai siamo l’uno nel cervello dell’altro”

MURO DURO 20/11

Matteo Rasi: “Grey, ci pacchi Bardonecchia? Hai imparato da Fabio Battocchio, il maestro dei paccari!”
Fabio Battocchio: “Sai come mi chiamano a San Donato? DHL!”
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giovedì 20 novembre 2014

... Pace, Amore e Gioia Infinita ...

da leggere ascoltando Negrita - Gioia Infinita ... la colonna sonora della vacanza



Non tutti i viaggi sono uguali; non tutte le vacanze hanno lo stesso sapore.
Alcune come arrivano passano; e non è che non ti lasciano nulla, ma non sono quelle che ricorderai per i mesi a venire.
E poi ci sono quei viaggi, quelli belli davvero, che per il luogo visitato e le persone con cui hai vissuto l’esperienza, si appiccicano alla pelle, e non riesci più a scacciarne via ricordi e nostalgia. Sono quelle vacanze così piene di sole e risate da far tanto bene all’anima, che ti fanno pensare che, infondo, la vita è bella ed è bello viverla. E condividerla, nelle gioie e nelle sconfitte, condividere i sorrisi, le canzoni, le fatiche; i giorni di sole e quelli di pioggia; le sveglie sentite e quelle ignorate; i tramonti in falesia e quelli in spiaggia.
Così era stata Kalymnos, così è stata San Vito lo Capo.
Forse per la compagnia ormai rodata, lo zoccolo duro degli Abbracci Verticali, forse perché, tutto sommato, siamo persone alle quali bastano una birra e dei nachos per essere felici, ma la trasferta sicula del nostro piccolo, grande gruppo è stata qualcosa di indimenticabile, con momenti di assoluta ilarità. E mi risulta difficile raccontare nel dettaglio i nove giorni trascorsi in terra siciliana, tanto che da più di un mese sto cercando di scrivere queste poche righe, cancellando e cambiando parole che non riescono ad esprimere del tutto emozioni e sensazioni, quelle “scosse forti all’anima che nessuno scorderà più”
Cosa rimane in mente della Sicilia? Sicuramente i colori: la terra rossastra, che contrasta con il verde dei fichi d’india e degli arbusti della macchia mediterranea; il calcare giallo, rosso e grigio che si staglia contro il cielo azzurrissimo; la sabbia bianca della spiaggia di San Vito, il mare verdazzurro, che si tinge d’oro al tramonto e gli scogli neri delle altre calette.
Le falesie, che sono qualcosa di imbarazzante tanto sono belle: un calcare giovane, tagliente, ferocemente doloroso, dove sono state chiodate linee molto varie e articolate, a volte logiche, altre meno, dalle placche a gocce alle grotte, dai muri verticali, fatti di concrezioni e sporgenze affilate come rasoi (le mie povere gambe ne sanno qualcosa), ai passi boulderosi in forte strapiombo, su buone maniglie che a volte si stringono e a volte sembrano mordere i palmi delle mani. E poi buchi, lame, fessure, diedri, inaspettate clessidre “belle belle in modo assurdo!” che risolvono un rinviaggio altrimenti un po’ precario.
Cosa ricordare delle falesie sanvitesi? Sicuramente la gradazione casuale, dove un 5b è una scala a pioli in un settore e in un altro è un tiro da infarto; la chiodatura fantasiosa, con buoni buoni quattro metri tra un chiodo e l’altro, anche quando in mezzo c’è un passo duro sotto un tetto; i passi ostici e i passi “porca troia”; la salsedine depositata sulla roccia, che si mischia al sudore e alla magnesite sulle mani, creando un terrificante effetto pappetta, deleterio per la tenuta.
Le vespe e i “calabresi” (soprannome affibbiato ai calabroni per renderli un pochino più … simpatici …), che vedi ronzare minacciosi accanto al tiro che vuoi fare, lassù a dieci metri da terra, e che iniziano a ronzarti attorno mentre scali, ancora più minacciosi, e pensi “ma chi cazzo me l’ha fatto fare! Aiuto voglio scendere!” ma ormai sei lì, e il tiro va smontato. E quelli che inizialmente non ci sono ed escono solo dopo, incazzati quanto basta, costringendo quattro persone a fuggire a gambe levate.
Il caldo torrido a metà ottobre, che ci fa consumare litri e litri d’acqua per bagnarci i capelli e poter scalare senza andare in ebollizione; e che ci fa fuggire ad Erice il giorno in cui l’acqua, ahimè, l’abbiamo dimenticata.
La nostra “piccola comunità rampicante” (cit. Laura B.) ha dato il meglio (… e, a volte, anche il peggio) di sé su quei muri di calcare.
Qualcuno ha letteralmente lasciato il sangue sulla roccia tagliente, imbrattando anche i rinvii; i più hanno lasciato ogni giorno qualche centimetro di pelle.
Ognuno di noi ha portato a casa qualche piccolo successo personale: chi ha iniziato scalando sui quarti e a fine vacanza ha scalato sui sesti; chi ha imparato le manovre di sosta, non senza qualche perplessità; chi ha scoperto che forse i passaggi sotto i tetti non sono poi così impossibili; chi prova a dare consigli a qualcuno, e questo qualcuno sistematicamente fa l’opposto (scusami Luca, giuro che non lo faccio apposta!).
Grazie a Davide e Matteo, poi, abbiamo capito che si può essere molto gentili anche in falesia (“per favore Matteo, potresti bloccarmi un po’?”) e Laura B. ha subito provato a mettere in pratica i consigli (“Blocca!”, “Bloccata!”, “Grazie!”), capendo però che, sospesa a svariati metri da terra, la gentilezza non è esattamente nelle sue corde (“Eli, però, parancami su un po’, cazzo!”). Dal canto mio ho fatto ampiamente risuonare le mie parolacce per tutte le falesie, fortunatamente piene di crucchi che mi auguro non abbiano del tutto capito.
Dalla Sicilia siamo tornati tutti con qualcosa in più, ricordi, esperienze, ma soprattutto … chili! Perché se è vero che si mangia bene in tutta Italia, in Sicilia si mangia benissimo.
E noi siamo una comunità di buongustai. O per lo meno di mangioni.
Apriamo le culinarie danze io ed Elisa con un epico arancino alle 9.07 del mattino, appena atterrate all’aeroporto di Palermo. E chiuderemo ancora io ed Elisa con il pane cunzato, indecentemente unto e ripieno, sempre in aeroporto, al ritorno.
Tra il primo arancino e l’ultimo pane cunzato c’è stato il delirio! Un delirio fatto di cene a base di pesce fresco, frutti di mare, couscous, busiate variamente condite, caponata, pizza e, a volte, un po’ di verdura, il tutto innaffiato da bianchi trinacri e amari della casa dai colori, a volte, un po’ inquietanti; un delirio di cene ma anche di apertivi caserecci a suon di birra, tanta birra, patatine, salame e formaggio, nachos piccanti preparati in un microonde rintracciato nel bagno (!!!); le mie colazioni salate a base di arancini, cunzato o sfincione (sono monotona lo so …), consumate sotto gli sguardi attoniti degli altri che addentavano ipercalorici dolci alla ricotta, accompagnati da generose dosi di caffè, al quale abbiamo insegnato anche la strana arte della partenogenesi.
In questa vacanza abbiamo imparato che in Sicilia i sapori sono intensi tanto quanto i colori di questa Terra, che l’aglio è onnipresente tanto quanto le acciughe; che il pesto alla trapanese è buonissimo, ma i sughi di pesce lo sono di più; che la pepata di cozze è veramente pepata e che avanzare qualcosa nel piatto è “davvero un suicidio” [cit.]; che gli arancini sono buoni a tutte le ore, ma che la birra è migliore se bevuta in spiaggia al tramonto; qualcuno, poi, ha anche scoperto la vera forma dei finocchi!
Abbiamo imparato che la 500L è una macchina bruttissima a vedersi, ma tanto spaziosa da accoglierci comodamente in sette; che in aeroporto è indispensabile arrivare in anticipo e che l’ “ampio margine” non sempre è conveniente (almeno non come lo intendono Luca e Matteo); e che in mancanza di una stazione radio decente in auto possono scatenarsi discussioni politiche degne dei salotti televisivi più trash.
Abbiamo capito che in Sicilia fa caldo anche a ottobre, che le falesie assolate sono da affrontare la mattina presto e che partire con in valigia il piumino ma senza pantaloni leggeri potrebbe rivelarsi un epic fail; che i fichi d’india pungono e che se si lascia una pizza in bella vista un cane potrebbe, accidentalmente, mangiarsela ...
Abbiamo imparato che, a volte, nei bagni delle case si trovano cose strane, come un forno a microonde, e che invece che farsi domande è meglio fare i nachos; e che dire “cos’altro può succedere” dopo aver elencato una serie di sventure non può far altro che chiamarne di nuove …

E anche se la stagione è ormai finita e ci prepariamo per la neve, con la testa stiamo già a progettando l’anno a venire; seduti attorno ad un tavolo, con le mani ancora sporche della magnesite di una delle ultime domeniche di roccia, si sogna la Sardegna, ma forse prima la Spagna, e perché no? una tenda e le Calanques; ma prima c’è da pensare all’epifania rampicante, la cui organizzazione di solito spetta a me. e tra un sogno e l’altro arrivano le birre e così, di nuovo, come tante volte abbiamo fatto, brindiamo a noi e a questa vita … pace, amore e gioia infinita.
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sabato 1 novembre 2014

I sogni non hanno grado

Non era un "sogno" di quelli grandi, belli e impegnativi, degni dei migliori climber di tutto il mondo. Non ne erano protagoniste quelle pareti lisce, difficili tecnicamente e psicologicamente, che sembrano inviolabili e tali rimangono per la maggior parte delle persone.
Il mio era un sogno più modesto, facile, ripetuto da molti, alla portata di tutti, soprattutto dei Pippons.
Però era un sogno … un sogno mio e del socio.
Da tempo, infatti, progettavamo di salire la Corma di Machaby, o Paretone di Arnad, come lo conoscono in tanti.
Da tempo sognavo di rimettere le mani su Bucce d'Arancia, via con la quale avevo un conto in sospeso da due anni esatti, dal corso di arrampicata libera, quando avevo dovuto abbandonarla a metà. Troppo lunga la via, con i suoi 9 tiri e 280 metri, troppo impegnativa, ed io e la compagna di cordata troppo inesperte e poco allenate per affrontarla, soprattutto di testa. Alla quinta sosta avevamo dovuto abbandonare, si era fatto troppo tardi, e scendere in doppia.
Ma mi era rimasto un che di sospeso, una questione irrisolta. Da due anni, ogni volta che ripassavo da quelle parti, osservavo il Paretone, e con gli occhi gli promettevo che sarei tornata, che avrei affrontato la parete, e che questa volta avrei vinto io.
Il socio si era fatto contagiare dal mio sogno e ne parlavamo da inizio stagione, da quando ho comprato le mezze e siamo diventati, oltre che amici, una cordata.
Ma vuoi per il meteo, vuoi per l’inesperienza iniziale che ci aveva tenuti alla larga dal Paretone, vuoi perché in estate quella placconata esposta in pieno sole è impraticabile, il sogno era rimasto tale.
Era un sogno.
Non lo è più.
Ce lo siamo andati a prendere quel sogno.
Più o meno.
Perché il sogno, quello vero, Bucce d'Arancia, era troppo affollato. Quattro cordate da tre davanti a noi promettevano un’attesa di almeno un’ora alla base e intasamento alle soste; non avevamo voglia di aspettare e abbiamo ripiegato su Diretta al Banano, altrettanto facile, altrettanto plaisir, meno affollata: una sola cordata con noi, un paio su Anchorage e una su Galion, con le quali, salendo in parallelo uno accanto all’altro, sempre a portata di voce, facciamo anche amicizia di sosta in sosta, ridendo e scherzando, sopportando meglio le folate di vento gelido che da metà parete in poi tormentano tutti quanti.
In 5 ore siamo fuori, in cima alla Corma.
Il sogno si è realizzato, anche se a metà: il Paretone lo abbiamo conquistato, ma non Bucce d'Arancia ...

... posso ancora sognare ...
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martedì 16 settembre 2014

Ponte Brolla - Zombilio + Quarzader



Domenica 31 agosto.
Le ferie sono finite da una settimana e si torna di nuovo a scalare nel weekend. Il socio storico, con il quale non siamo quasi mai riusciti a trovarci durante le mie settimane di vacanza, si rende disponibile per la domenica. Ho le mezze corde che scalpitano, abbandonate nell’armadio a muro in stanza: hanno voglia di uscire in ambiente e io di andare con loro.
Per questo propongo una via invece della solita falesia. Inizialmente vorrei andare ad Arnad, al Paretone, a rifare Bucce d’Arancia con la quale ho un conto in sospeso da un paio d’anni. Ma guardo il meteo e le temperature previste non mi convincono. Alla ricerca di idee capito, come spesso accade, sul sito dei Sass Baloss e trovo la relazione della via Quarzo (o Quarzader, che dir si voglia) agli Speroni di Ponte Brolla. Da quanto trovo scritto mi sembra interessante. Scartabello ancora un po’ e trovo una relazione un po’ più scarna su Gulliver. 11 tiri, 380 metri di sviluppo 5b obbligato, 5c+ massimo. L’accoppiata Sass Baloss + Gulliver mi convince e la propongo al socio, al quale l’idea piace.
Luca, su facebook, me la sconsiglia e mi dice di portarmi molta molta acqua, aggiungendo che si tratta di una delle vie più brutte che abbia mai fatto, sulla quale ha patito tanto la sete.
Le previsioni però danno nuvoloso e non troppo caldo; inoltre io e Luca abbiamo tendenzialmente uno stile di arrampicata molto diverso, quello che piace a me non piace a lui e viceversa. Quindi considero la sua bocciatura di buon auspicio.
Domenica, ore 7, si parte, destinazione Svizzera.
Più ci avviciniamo alla frontiera e meno il meteo sembra aiutarci.: a Verbania pioviggina; a Cannobio piove. Eppure il meteo svizzero non prevedeva pioggia. Il nostro umore, seguendo il peggiorare del tempo, si fa via via più nero.
Arrivati alla frontiera, però, quasi incredibilmente non piove più e varcato il confine è tutto asciutto.
Raggiungiamo abbastanza facilmente la Valle Maggia e il punto dove parcheggiare l’auto seguendo le indicazioni trovate su internet. Ci sono molte altre auto, sintomo che la zona è piuttosto frequentata.
Alla macchina ci imbraghiamo, prepariamo l’attrezzatura, gli zaini leggeri con l’acqua e la frutta per sopravvivere alla via, prendiamo una mezza a testa e saliamo lungo il sentiero, che è ripido ma abbastanza agevole. In 20 minuti circa arriviamo all’attacco, anche se impieghiamo un po’ di tempo per individuarlo.
Vediamo che però ci sono ben tre cordate davanti a noi, una alla prima sosta e due pronte a partire. Noi saremmo la quarta cordata sulla via e sinceramente l’idea non mi fa impazzire. Propongo a Gabry di fare la via che corre subito accanto a Quarzader, Zombilio, sulla quale c’è solamente una cordata che sta già liberando la S1, ed è solo leggermente più facile; inoltre Zombilio termina dopo 7 tiri congiungendosi con Quarzader alla sua sesta sosta. Da lì poi possiamo proseguire con gli ultimi 5 tiri dell’idea originale.
Vada per Zombilio. Partiamo con 20 rinvii (16 di Gabry, 4 miei), ma non serviranno mai tutti, anzi, probabilmente sarebbero bastati i 16 di Gabry, ma noi preferiamo avere sempre qualche rinvio in più, nel caso si renda necessario aiutare l’A0. Usiamo, le mie “Contorte”, due mezze da 60 metri.

Tiro 1: sale Gabry da primo, io da seconda. Placca feroce ma ben chiodata. I primi metri si salgono in aderenza pura, tutti gli appigli più buoni sono rovesci. Se il buongiorno si vede dal mattino … per fortuna da metà tiro in poi si segue una vena leggermente più lavorata, ma sempre su placca e sempre su micro apppigli, e appoggi svasi. È data 4c … boh …

Tiro 2: prendo coraggio e lo tiro io da prima. Proseguo su questa vena leggermente rugosa per poi raggiungere una frattura da seguire. Il tiro è ben chiodato e la sosta tutto sommato comoda. La danno 4c … va beh, sarà … non riesco a dare un giudizio, sono talmente concentrata a scalare che non mi rendo conto di nulla, nemmeno di avere usato i miei rinvii e non quelli di Gabry. Me ne accorgerò soltanto al tiro successivo al momento di recuperare il materiale. E sì che sono ben diversi …

Tiro 3: sale di nuovo Gabry da primo, ancora sulla placca seguendo una vena di piccoli quarzi che non crea grandi problemi neppure a me. Nuovamente un tiro ben chiodato. La sosta non è così comoda. 4c

Tiro 4: di nuovo io da prima, di nuovo senza grandi problemi su placca ben chiodata gradata 4c. La sosta è comoda e Gabry si lamenta che a lui capitano sempre e solo soste scomode.

Tiro 5: parte Gabry su quello che è sicuramente il tiro chiave della via Zombilio. Inizialmente si sale dritti sulla placca cercando appigli e appoggi sfuggenti, in ultimo si traversa verso Quazader, con movimenti per nulla banali perché sempre su appigli e appoggi precari. La chiodatura è sempre ottima, ma il tiro è decisamente più tecnico dei precedenti e la gradazione 4c sembra davvero un po’ strettina.

Tiro 6: tocca di nuovo a me e questa volta incontro difficoltà. La placca davanti a me è davvero liscia. Trovo per la mano destra una rughetta quasi verticale che mi faccio bastare per alzare i piedi e rinviare. Adesso sulla destra ho due ottimi buchi, ma da lì probabilmente non riuscirò a rinviare di nuovo. Dritto per dritto mi sembra impossibile salire. Cerco una soluzione, una alternativa, ma il cervello si spegne. Fine delle trasmissioni. Vado nel panico e chiedo un bloccaggio. Respiro. Mi concentro. Osservo bene la roccia. Respiro. Mi concentro. Riparto e … faccio il passo. Rinvio. Il resto del tiro è nettamente più facile e scalabile, molto più articolato e ottimamente chiodato. 4c, sosta comoda.

Tiro 7: parte Gabry. Tiro di placca plaisir, c’è solo un bel runout a metà, quasi insolito per una via chiodata così bene in tutti i tiri, ma comunque sul facile. 4c. Sostiamo alla S6 di Quarzader, un paio di metri più su della S7 di Zombilio, ma più comoda e utile perché vogliamo proseguire. Ci fermiamo un po’ per scalzare le scarpette, mangiamo una mela, consultiamo le relazioni perché da qui la via si fa più impegnativa.

Tiro 8: riparte Gabry, perché il tiro chiave della via Quarzader è il nono, che però, avendo fatto un tiro in più sulla Zombilio, adesso diventa il decimo, e non me la sento di tirarlo io. Qui la via si fa decisamente più verticale. Si sale per lame facili fino ad uno sperone, da lì si passa sotto un tetto che va aggirato a sinistra con passo delicato (soprattutto per i piedi) in traverso, da lì si sale ancora e si trova la sosta, che però è comoda solo per assicurare il secondo di cordata, ma non per assicurare il primo sul tiro successivo. Per fare quello ci si deve spostare oltre lo spigolo su un comodo terrazzino. 5a+
Sarebbe un tiro meraviglioso se io non avessi i piedi cotti e dolorantissimi. Ho addirittura vesciche sotto le dita dei piedi. Per il dolore non riesco a scalare bene, non riesco a caricare i piedi e scalo completamente deconcentrata. In effetti un paio di soste fa avevo domandato a una cordata di italiani perché scendessero tutti alla S7 e la risposta è stata “male ai piedi”. Non vi avevo dato importanza, ma adesso capisco.
Chiedo a Gabry se se la sente di tirare lui tutti i restanti quattro tiri.

Tiro 9: si inizia salendo per facili risalti cercando di evitare di calpestare i ciuffi di erica selvatica. Si continua poi verso sinistra verticalmente per roccette lavorate fino ad una sosta. ma questa prima sosta scomoda va saltata per salire fino ad un terrazzino dove si trova una sosta molto più comoda, dove ci si può sedere e riposarsi anche un po’. Continua la mia lotta al mal di piedi, ogni passo è una sofferenza e non riesco a caricare i piedi, non li sento, anzi, sento solo il male, non so mai se terranno oppure no. Azzero tutto l’azzerabile, anche se i passaggi non sono così complicati e so che in falesia un tiro simile lo farei tranquillamente da uno. Chiodatura buona, 5b. Alla sosta ci fermiamo per un po’. I miei piedi hanno bisogno di riposo e ne approfittiamo per fare qualche foto “aerea”. peccato per il panorama un po’ troppo industrializzato …

Tiro 10: è il tiro chiave della via Quarzader (sarebbe il 9), dato 5c+, 5b/A0. Si sale verticalmente sfruttando delle concrezioni di quarzo che assomigliano più a dei bitorzoli. Il passo duro è il traverso verso sinistra a metà tiro, abbastanza esposto e con passi di 6a. Però è azzerabile. E io, modestamente, azzerai …

Tiro 11: è il tiro più bello e caratteristico della via. Si sale lungo una vena di quarzo, utilizzando le tante concrezioni. Tiro bello, verticale, vario e divertente. A parte l’attacco che mi ha messo in non poca difficoltà, visto che si deve risalire uno spuntone boulderoso, con appigli molto alti e solo un cordino, niente di buono per i piedi. Mi sono issata usando il cordino e spalmando un piede e un … ginocchio … va beh, l’eleganza la terremo per un’altra volta … 5b. I piedi fanno un po’ meno male (o forse fanno talmente tanto male da non sentirli più) e riesco a scalarla.

Tiro 12: si sale inizialmente per una fessura ben ammanigliata, poi la placca si appoggia notevolmente per arrivare in sosta. Tiro finale senza infamia e senza lode. 4c

Arrivati in sosta tiro un sospiro di sollievo: è finita, è finita la sofferenza! È tanto bello indossare calze e scarpe da avvicinamento che quasi mi commuovo. Dopo aver recuperato l’attrezzatura cerchiamo il sentiero di discesa. Vediamo una traccia seminascosta dall’erba alta; ci incamminiamo, pensando, o forse sperando, che la traccia migliorerà. Ci sbagliamo. Impieghiamo più di due ore per scendere, lungo una traccia poco intuibile, una non-traccia che porta a guadare due torrentelli su rocce viscide e poi a scendere per risalti e roccette, poco agevoli e molto faticose, rischiando più e più volte di scivolare, inciampare e ruzzolare. Avremmo fatto molto meglio a calarci in doppia.

Nel complesso una via divertente, peccato solo che la parte più bella arrivi dopo 6/7 tiri di placca appoggiata, correndo il rischio di cuocersi i piedi se non si hanno scarpette adatte allo spalmo.
La chiodatura è sempre buona ma i gradi, a mio parere, sono un po’ stretti, soprattutto su Zombilio.
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