Scalare è bello, ma a volte si ha bisogno di vivere
la montagna in modo meno adrenalinico. O almeno io ne sento il bisogno,
soprattutto nei periodi di massimo stress e stanchezza, quando la mia testa se
ne va per i fatti suoi e non ho abbastanza concentrazione; per questo motivo
anche quest’anno decido di programmare qualche giorno di ferie in giro per le
Alpi, con Miriam, amica e compagna di camminate.
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L’anno scorso siamo state in Val Veny, alle
pendici del Monte Bianco; quest’anno Miriam esprime il desiderio di andare in
Dolomiti, proposta che accolgo con entusiasmo, visto che nemmeno io conosco
bene quelle zone. In breve decidiamo che il “campo base” sarà Brunico,
stabiliamo il periodo, la seconda settimana di agosto, e in breve troviamo
anche un alberghetto. Detto fatto. Ora non resta che attendere l’8 di agosto,
provando a progettare in anticipo qualche escursione.
È da parecchio che ho in testa di vedere le Tre
Cime di Lavaredo, ma non mi fido ad affrontare la ferrata delle Scalette, anche
se mi piacerebbe tanto, e non conoscendo la zona chiedo info sul forum.
Mi viene caldamente sconsigliato il giro delle Tre
Cime, perché molto affollato e perché “da sotto” non si vede nulla. Mi
consigliano, invece, di raggiungerle dalla Val Fiscalina e Val Campodidentro.
Trovo recensito un bel percorso che dal rifugio
Tre Scarperi porta al Rifugio Locatelli. Forse è un po’ impegnativo (1000 m di
dislivello), ma viene recensito come E, quindi, lancio il cuore oltre
l’ostacolo, e lo reputo approcciabile. Il resto lo decideremo in loco.
Le ultime settimane prima della partenza sono una
tortura: caldo torrido, lavoro pressante, stanchezza accumulata che si fa
sentire sempre di più. Al 20 luglio sono già sui gomiti: non mi sembra
possibile che l’8 di agosto arriverà.
E invece arriva, e ovviamente il meteo, caldo,
soleggiato e afoso per tutto il mese precedente, decide di complicarci la vita
e prevede temporali per tutto il fine settimana.
Ce ne faremo una ragione, anche perché non
possiamo fare diversamente. Optiamo su una partenza morbida, alle 9.00 da
Varese, orario che mi lascia perplessa ma al quale acconsento; siamo in ferie,
dopo tutto, niente stress. Deve aver avuto la stessa idea anche qualche altro
migliaio di vacanzieri, tant’è che appena imboccata la Modena – Brennero ci
troviamo ferme in coda con previsioni di percorrenza a passo d’uomo fino a
Trento. Troppo! Usciamo e proseguiamo su strada normale. Ci impiegheremo la
bellezza di sei ore per arrivare a Vipiteno, e nel frattempo il meteo decide di
rispettare le previsioni e in breve si rannuvola.
Tra me e Miriam, dall’anno scorso, c’è un piccolo
gioco, il gioco dei confini: l’estate scorsa abbiamo valicato insieme in
escursione il confine tra Italia e Francia. Lo scorso giugno, sempre su un
sentiero, quello tra Italia e Svizzera. Nella programmazione del viaggio
abbiamo deciso di valicare anche il confine con l’Austria e di visitare
Innsbruck proprio quel pomeriggio. Purtroppo non ci è possibile valicarlo a
piedi, ma ci accontentiamo.
Peccato solo per la pioggia, che inizia a scendere
copiosa non appena entriamo in territorio austriaco e che ci rovina in parte la
visita alla città, ma non la cena tipica, che consumiamo in un localino del
centro storico, su tavolini all’aperto in una viuzza deliziosa.
Rientrate in Italia, andiamo a dormire augurandoci
che l’indomani il tempo sia migliore.
Ci svegliamo sotto un cielo incerto: molte nubi
minacciose intervallate da sprazzi di sereno. Non c’è molto margine per una
escursione lunga: il rischio di pioggia è davvero alto e ci tocca trovare
un’alternativa. Vicino a Brunico c’è Campo Tures; a Campo Tures c’è un castello
(macondirondirondello …); alla parola “castello” i miei occhi di nerd,
fantasy-dipendente, appassionata di medioevo, si illuminano d’immenso: UN
CASTELLO!!! Credo di aver guardato Miriam con sguardo degno del miglior Gatto
con gli Stivali, e quindi Castel Taufers sia! In effetti il castello è una
meraviglia, perfettamente conservato e arredato. Peccato solo per alcuni
visitatori un po’ troppo molesti che hanno infastidito la visita guidata.
Nel frattempo il meteo migliora ed esce anche uno
splendido sole. Scopriamo, non mi ricordo nemmeno bene come, che da Campo Tures
parte un sentiero che porta alle tre cascate del Rio Riva (Valle Aurina); del
resto siamo venute in vacanza per camminare, quindi gambe in spalla e alè!
L’inizio del percorso è su strada sterrata, del
tutto pianeggiante, in mezzo ai campi, dalla quale si gode di una vista di
Campo Tures e Castel Taufers degna di una cartolina (la mia reflex ringrazia!);
via via che ci si avvicina alle cascate il sentiero si addentra nel bosco e
inizia a salire, anche se è davvero poco impegnativa. Non chiedetemi il numero
del sentiero perché davvero non lo ricordo. So solo che si trovano già
indicazioni nella piazza centrale di Campo Tures, quindi è facile.
La prima cascata sbuca da una specie di grotta,
bassa ma impetuosa, si fa portare rispetto. Dopo il rito delle foto con cascata
alle spalle proseguiamo lungo il sentiero in salita, lungo il quale, quasi come
stazioni di una via crucis, si incontrano delle cappellette dedicate al Cantico
delle Creature. Molto suggestiva quella dedicata al Fuoco, dove l’area è
disseminata di piccoli e grandi ometti, cumuli di pietre impilati, sasso dopo
sasso, a testimonianza di chi, per volontà o per caso, è passato di lì.
Raggiungiamo la seconda cascata, alta ed
imponente, quando ormai il cielo si è fatto plumbeo. Nemmeno il tempo di
chiederci cosa fare che si mette a piovere. Non ci resta che girare i tacchi e
tornare alla macchina.
Giorno 3 di vacanza. Finalmente il sole splende in
un cielo terso azzurro cobalto, attraversato solo da alcune bianche e soffici
nuvole innocue che ne esaltano la perfezione. Oggi trekking! Destinazione Plan
de Corones, dove finalmente potrò collaudare i miei nuovi bastoncini
rigorosamente Decathlon. Facciamo le pigre e saliamo con l’ovetto. Che
sensazione strana prendere un ovetto in estate, senza snowboard, senza code,
senza la ressa delle domeniche sulla neve.
Saliamo fino in vetta, dove ci attende la campana
della Concordia (mah …) e uno spettacolare panorama che spazia su molte vette
dolomitiche, dal Sassolungo al Sass Putia, al Lagazuoi, fino a scorgere la
Marmolada in lontananza, purtroppo velata da una lieve foschia.
Dopo le foto di rito approcciamo l’itinerario detto
“Gran Tour”, un giro ad anello che corre poco sotto la cima, lungo i sentieri 1
e 3. L’idea è di chiudere il giro e prendere il percorso di discesa verso
Riscone, sentieri 8-7-4. Purtroppo la cartina che abbiamo (recuperata in
albergo la sera prima) è decisamente poco chiara e molto approssimativa, e in
breve perdiamo l’orientamento. Crediamo di aver fatto quasi il giro completo, e
prendiamo un sentiero di discesa in quel punto male indicato. Dopo una ventina
di minuti di cammino troviamo delle indicazioni più chiare, e mi rendo conto
che non si tratta del sentiero che dobbiamo prendere noi, ma quello che scende
esattamente sul versante opposto. Damn!! Dobbiamo risalire. Puntiamo alla vetta
così ci sarà più facile trovare il sentiero corretto, che in effetti risulta
molto ben indicato. Ci impieghiamo circa 4 ore per raggiungere la partenza
degli ovetti, lungo un percorso a dir poco incantevole, lievemente più
impegnativo ed esposto nella parte iniziale, si addentra poi nel bosco
diventando più facile; costeggia il lago di Hirsch, di una straordinaria
bellezza, per raggiungere poi un boschetto di conifere che sembra uscito da una
delle migliori storie di fate ed elfi: ci godiamo l’escursione fermandoci
spesso per fotografare il paesaggio, con molta calma e la mente finalmente
libera e leggera. Una giornata fantastica non poteva che concludersi con del
buon cibo e, raggiunto Riscone ormai all’ora perfetta, troviamo, proprio alla
fine del sentiero, un ristorante molto carino e ben recensito, dove consumiamo
una cena golosa accompagnata da abbondanti birre tirolesi.
Martedì, altro giorno di splendido sole. Siamo
ancora un po’ stanche da ieri, quindi optiamo per quello che dovrebbe essere un
rilassante giro in bici lungo la pista ciclabile detta Pusterbike, che da Rio
di Pusteria porta a San Candido, lungo il torrente Rienza.
Noleggiamo le Biciclette a Brunico e prendiamo la
direzione verso Rio di Pusteria. Il percorso è assolutamente incantevole e
nemmeno troppo impegnativo. Le salite si alternano alle discese ma per la
maggior parte si pedala in piano, tra paesini che paiono dipinti e prati di un
verde che fa male agli occhi. Arriviamo fino a Valdoies e poi decidiamo di
tornare indietro: volevamo un giro rilassante e abbiamo fatto quasi 40
chilometri tra andata e ritorno. Pausa gelato quando riportiamo le bici al
noleggio e poi via verso il lago di Braies, un incantevole lago alpino, uno
specchio d’acqua di rara bellezza, diventato famoso per una fiction con Terence
Hill, e quindi invaso di turisti. Fatico a fare foto senza che qualcuno mi
passi davanti. Impreco un po’ e mi innervosisco, ma alla fine qualche bello scatto
lo riesco a fare lo stesso verso il tramonto, con le cime illuminate dai caldi
raggi del sole morente e la superficie del lago solcata dalle ultime barche e
da un SUP.
Giorno 5, ultimo giorno effettivo di vacanza.
Domani dovremo ripartire, quindi non potremo fare nulla di lungo e impegnativo.
Rimane solo oggi per l’escursione programmata verso il rifugio Locatelli, verso
le Tre Cime di Lavaredo. Fin dal mattino sono carica, l’escursione è
impegnativa ma sono sicura che ce la faremo. Alla fine il percorso è soltanto
E, possiamo farcela.
Ci svegliamo presto, colazione presto, anche se il
dubbio che non sia così presto mi rimane. Va beh, poco male, le giornate sono
ancora lunghe, fino alle 21 c’è luce.
Prendiamo l’auto e ci dirigiamo verso San Candido,
ma troviamo coda e perdiamo tempo, quindi arriviamo al parcheggio che la sbarra
è già chiusa: per arrivare al parcheggio alto del rifugio Tre Scarperi, punto
di partenza dell’escursione dobbiamo prendere la navetta. Arriviamo al
parcheggio alto (quota 1500 m) e da lì inizia il sentiero per il Tre Scarperi,
che raggiungiamo in circa 15 minuti. Adesso inizia l’escursione vera e propria
(quota 1626 m), a sinistra la Punta dei Tre Scarperi, a destra i Baranci,
dritto davanti a noi il monte Mattina. Proseguiamo su un sentiero abbastanza
pianeggiante, attraversando il letto asciutto di un torrente e seguendo il
segnavia 105 lasciamo sulla destra l’indicazione per il Passo Grande del
Rondoi, e proseguiamo a sinistra. Ecco che il sentiero inizia a salire ripido,
tra pini mughi, larici e grandi massi di calcare candido. In poco tempo
guadagniamo molta quota e la vegetazione si fa sempre più rada. Ci voltiamo e
il fondovalle ci appare lontanissimo. Vedo che Miriam accusa molto la salita
anche se stiamo salendo piano, ma non mi preoccupo, abbiamo ancora tempo.
Superiamo il guado di un piccolo torrente e proseguiamo non senza un po’ di
fatica. Il paesaggio si fa sempre più brullo, quasi lunare, fa molto caldo ma
non lo sto patendo, il sole è forte, come il suo riverbero sulla roccia bianca.
Dovremmo essere a circa 2000 m, se non di più. Proseguiamo ancora un tratto sul
ghiaione, il sentiero che si snoda serpeggiando tra massi e sfasciumi. A un
tratto alla nostra destra appare una montagna particolarissima che si staglia
contro il cielo azzurro con le sue guglie, quasi una mano che emerge dal
ghiaione sottostante: è la Torre dei Scarperi, alta, solitaria, imponente. Devo
ammettere che il panorama non ha la bellezza canonica di un paesaggio alpino,
accogliente come il bosco attraversato scendendo da Plan de Corones. Qui la
bellezza è spaventosa, austera, quasi ostile per l’uomo: è tutto arido,
roccioso, franoso, quasi a voler respingere ogni forma di vita.
Abbiamo percorso l’ultimo tratto davvero
lentamente, troppo lentamente. Miriam sta male, cerco di trainarla ancora un
po’, ma non ce la fa. Inoltre inizia a preoccuparsi di perdere la navetta per
tornare alla macchina, navetta che io avevo già messo in conto di perdere,
anche se non glielo avevo detto per non spaventarla. Subito mi dice “vai avanti
tu”, ma non è il caso. Non la voglio lasciare da sola, e comunque non si risolverebbe
la situazione: la navetta la perderemmo lo stesso. Abbandoniamo l’impresa e
torniamo indietro. Inutile dire che io sono arrabbiatissima, ovviamente con me
stessa per aver sottovalutato la salita e sopravvalutato le nostre capacità, ma
tant’è.
La discesa è un po’ più veloce e in un paio d’ore
scarse siamo al parcheggio alto. Miriam decide che vuole comunque farmi
contenta e, presa l’auto, ci dirigiamo verso Misurina e, da lì, al rifugio
Auronzo, dove, vista l’ora, ci fermeremo a cena.
Le Tre Cime le vedrò lo stesso, anche se non come
avrei voluto. Pazienza, mi resta un obiettivo da raggiungere!
Giorno 6, giorno di partenza. Oggi però dobbiamo
per forza riposare. Lasciamo l’albergo e ci dirigiamo verso la piscina di
Riscone. Miriam ne approfitta per fare qualche vasca, io per fare la lucertola
sotto al sole. Alle 14 decidiamo che è ora di partire, non dopo essere rimaste
di nuovo perplesse sull’offerta culinaria tirolese: non si trova una foglia di
insalata nemmeno a pregare. L’unica pseudo-verdura che trovo sono delle
patatine fritte.
Appena rimesse le ruote sulla A4 mi volto verso le
montagne, verso quella dimensione verticale dove davvero mi sento a casa.
Chissà se l’anno prossimo varcheremo l’ultimo
confine rimasto …