giovedì 14 maggio 2015

Il Climber sogna di volare ...

da leggere ascoltando: Negrita - L'uomo sogna di volare

Ci sono attimi che segnano un cambiamento, una netta linea di demarcazione tra un prima e un dopo; momenti in cui qualcosa di incomprensibile e altrettanto inaspettato ti scatta dentro; tu non capisci realmente cosa succede, ma puoi solo seguire il mood e vedere dove ti porta.
Qualcosa, in queste ultime settimane, è scattato dentro di me; io che, arrampicando, ho sempre avuto paura di volare,così tanta paura da non provare, a volte, passaggi perfettamente nelle mie corde; per non parlare di tiri al mio limite, che nemmeno mi sognavo di fare da uno. “Coniglite” la chiamo, dandole un nomignolo, quasi fosse una cara amica.
Invece, qualcosa dentro di me ha fatto click, come un interruttore virtuale che mi ha fatto passare in modalità “Coniglite OFF”.
Non so di preciso cosa sia stato, credo un insieme di cose; a partire da alcuni feedback positivi che ho ricevuto da parte di alcune persone praticamente sconosciute, apprezzamenti veramente disinteressati che hanno dato carica alla mia autostima, di recente messa a dura prova; aggiungiamoci anche il primo voletto semi-serio su uno stupido 4c galbiatese, dove un piede scivola via a causa dell’unto. Ed ecco che nella mia testa qualcosa è cambiato. E forse non ha nemmeno importanza cosa sia stato: mi godo il momento, prima che passi.

02 maggio.
È sabato, il sole splende, tira una leggera brezza che non fa patire il caldo. La compagnia è quella giusta, quella degli amici con cui so che mi divertirò, ma che mi spronano anche, soprattutto Giulia ed Elisa, cazzute quanto e più di molti ometti.
Siamo a Montestrutto e io mi sento a casa. A dire la verità questa roccia non mi piace, uno gneiss che riesce ad essere unto e scivoloso come il peggior calcaraccio, placche con pochi appigli sulle quali si deve scalare sempre in precario equilibrio. Niente zanche qui: il ciapa e tira non è contemplato.
Ma ci ho passato tutta un’estate su questi muri, e i tiri li conosco quasi tutti a memoria, anche se la maggior parte li ho fatti solo in moulinette, causa la “coniglite” di cui sopra. Mi sento stranamente confident oggi. Sono io la local e devo dare il buon esempio.
Inizio su un quinto, da prima. Poi un altro quinto.
Mi sento bene, mi sento spavalda. Guardo la famigerata “Morte”, 6a, l’unico tiro sempre libero del settore Carnevale. Sono agguerrita e voglio affrontarla. Parto. Sbaglio a salire dopo il primo rinvio, vado per funghi e mi trovo con un runout che mi farebbe arrivare in terra da oltre tre metri se cadessi.
Elisa, che mi assicura è preoccupata, ma io sono stranamente tranquilla. Valuto il da farsi, disarrampico un po’ e riprendo sulla linea corretta. Elisa si tranquillizza, io continuo a scalare. Mi sento bene e arrivo in catena.
A questo punto sono carica e provo a chiudere uno dei miei conti, “Il tiro delle arance”. Niente. Mi ha respinto fino allo scorso anno, mi respinge ancora. Pazienza, avrò un motivo per tornare a Montestrutto.
Ho ancora un sospeso qui, ed oggi è il giorno giusto per provarci. Convinco, o meglio, costringo tutti ad andare al settore Piccolo Cervino. Lì mi aspetta “Scala Jordan” un 5a, che di 5a ha poco. A me tocca un rinviaggio un po’ “volante”, visto che sono piccolina e ad un chiodo arrivo scomoda.
La guardo, la voglio.
Parto. Sono concentrata. Metto il primo rinvio; fino a qui è facile, salgo abbastanza tranquilla. Metto il secondo. Ok, ci siamo: ecco il pezzo porca troia … Mi costringo a stare concentrata, a pensare ai movimenti, all’equilibrio. A cercare, con calma qualcosa per le dita. Trovo qualcosa, salgo. Non arrivo a rinviare, porca troia! Calma, Grey, calma … alzo una mano, tengo una rughetta, alzo un piede, lo carico. Tiene. Rinvio. Yes!
Respiro, continuo a respirare. Salgo ancora. Un rinvio poi diventa più facile. La placca si appoggia, rinvio ancora. Un paio di movimenti ancora. Sono in catena!!
Nessuna paura. Solo controllo. Quasi non ci credo.
Accanto c’è un 5c che so essere difficile. Non l’ho mai provato, nemmeno in top rope.
Ci prova Teo. Perplessità negli ultimi cinque metri.
Click. La mia testa scatta. Lo voglio provare!
I primi metri sono delicati ma non così difficili. Tre rinvii, poi ecco il passaggio ostico.
Guardo la placca: è cattiva, molto cattiva. Non c’è nulla, un solo piede a destra, niente per le mani, se non quella che sembra una rughetta smagnesata, sempre a destra. Ma è lassù, ci devo arrivare.
Mi appendo, medito un po’, poi decido di provarci.
Faccio il primo movimento … Il chiodo è alle ginocchia … Adesso il piede a destra … Il chiodo si allontana … La mano sinistra in opposizione, sparo la destra dove vedo magnesite … ma cazzo! Fa schifo!!
Non la tengo … Volo …

09/05. Galbiate, calcaraccio lecchese unto per antonomasia.
I masculi scalano per conto loro un pò distanti.
Noi quattro donzelle per conto nostro, due cordate in rosa che si divertono a ravanare in una delle falesie storiche del lecchese, quella che mi ha bastonato tutte le altre volte che sono stata qui.
Oggi ho lasciato a casa la coniglite, la testa c'è, e le amiche aiutano. Sono le stesse amiche cazzute di Montestrutto e anche se questa falesia non mi piace e ne ho sempre avuto paura, oggi scalo, e lo faccio bene... monto i tiri, persino quello dove manca il secondo spit. Quando Elisa me lo fa notare, e mi dice che forse sarebbe meglio scegliere un altro tiro, rispondo "manca il secondo spit? va beh, andrò al terzo"… un mese fa avrei cambiato tiro.
Sono su un altro tiro, sul passo porca troia ... è lungo e io sono piccola. Vedo la tacca da prendere lassù, so che la terrei, se solo ci arrivassi, ma non ci arrivo e non trovo un piede buono per salire statica. È tutto unto, le scarpette in aderenza scivolano. Provo una volta a fare il passo, ma la scarpetta non sta lì dove voglio che stia. Il chiodo è sotto il piede, ma decido di fregarmene: se ci arrivo quella tacca la tengo, lo so. Ci devo arrivare. So cosa devo fare, in palestra lo faccio sempre, senza paura. Click. Avverto la socia che mi assicura "Occhio, Giulia, che volo!". Punto i piedi sugli unici appoggi buoni. Carico. Lancio. Arrivo alla tacca. La stringo. La tengo. Non volo. Urla di incitamento dal basso.
Oggi ne ho talmente tanto che quando devo scegliere un altro tiro mi guardo un po’ in giro e ne vedo uno che mi piace, che mi sembra un buon ravano. Nemmeno voglio sapere che grado sia, non voglio limitazioni mentali, non me ne importa. Voglio solo scalare e vado.

Torno a casa con il sorriso ebete. Sono felice, felice dei quinti, dei 6a, di averci sempre e comunque provato.

FUCK THE FEAR!
CLIMBING LIFE IS GOOD!!
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