giovedì 6 marzo 2014

Presa in Giro



Non sono mai stata interessata alle competizioni, non ho mai praticato sport a livello agonistico e non sono certo interessata a farlo ora.
A dire la verità sono una persona competitiva, molto, ma più con me stessa che con altri: non voglio fare più o meglio di altre persone, ma sempre e solo superare me stessa, fare qualcosa ogni volta meglio della precedente. A volte mi dico che vivrei con molta meno ansia se non dovessi lottare costantemente contro me stessa, ma del resto è questa la mia condanna.
Per Muro Duro, però, vale forse la pena di fare un’eccezione e rinunciare allo spirito di non belligeranza con cui approccio l’arrampicata: la palestra sarà infatti sede di una tappa del circuito boulder Presa in Giro, una serie di gare itineranti, disputate in diverse palestre, con blocchi differenti, ma classifica finale comune.
La voce circolava già da un po’, ma la notizia è rimasta silente fino alla riapertura della palestra dopo la pausa natalizia, quando la gara viene “ufficializzata” con una scritta sulla lavagna.
Inizialmente non sono convinta di partecipare. So di essere piuttosto scarsa ad arrampicare, ma ultimamente mi sono sentita migliorata, prova ne è l’aver chiuso metà dei blocchi gialli, mentre fino a ottobre arrancavo sui bianchi. È vero che le tracciature sono tutte nuove e sicuramente più facili dell’anno scorso, ma mi sento lo stesso galvanizzata.
Inoltre, voci di corridoio, dicono che il tracciatore sarà lo stesso dei blocchi di novembre; un tracciatore di tutto rispetto, oltretutto, un certo Gabriele Moroni, non so se mi spiego.
Sondando un po’ gli animi in palestra, quasi tutti sono intenzionati a partecipare. E chi non gareggia sarà tra il pubblico. Posso mancare io? E allora, che gara sia!
L’orario ufficiale di inizio è le 19.30, e arriviamo tutti alla spicciolata nell’ora precedente. Ci iscriviamo, riceviamo le magliette (viola per le donne, arancio per gli uomini) e poi siamo liberi di studiare i blocchi già tracciati.
La scala di difficoltà è diversa rispetto a quella precedente: bianco-verde-blu-giallo-rosso.
Osservo i bianchi e mi sembrano tutti fattibili, e anche qualche verde non sembra impossibile. Un paio di verdi hanno dei movimenti lunghi lunghi; non li proverò.
Non osservo altri blocchi, tanto non avrò tempo, forze e tanto meno capacità per provare cose più difficili.
Mentre aspetto di iniziare scambio due parole con gli altri, chi più chi meno agitato, e via via che trascorrono i minuti, cominciano a delinearsi le strategie.
C’è chi punta sulla qualità, mirando ad iniziare subito con i blocchi duri mentre è ancora riposato; c’è chi punta sulla quantità, e a chiudere tutti i blocchi facili.
Io medito ad una via di mezzo: provare due/tre blocchi facili di riscaldamento (quelli sulle pareti più verticali) per poi passare ai verdi e vedere come va. Se ne riesco a chiudere qualcuno bene, altrimenti tornerò ai bianchi.
Col trascorrere dei minuti la palestra si riempie; c’è quasi tutta Muro Duro, anche se qualcuno è venuto solo per fare pubblico, ma ci sono anche parecchie persone esterne alla palestra. Un gruppetto addirittura arriva da Recco, nonostante la forte nevicata prevista nel basso Piemonte proprio per quel giorno.
Due risate e un po’ di ansia, ed infine ecco il via. La gara ha inizio!
Siamo in tanti a gareggiare, forse troppi. Molti sono agguerriti e ansiosi di chiudere i blocchi; quasi ci si spintona per mettere le mani sulla parete, praticamente nessuno rispetta la fila di chi è già in attesa di provare. Sinceramente tutta questa ansia da prestazione non mi piace, non è divertente; io sono qui per scalare e divertirmi in una serata un po’ diversa, non per fare a botte per scalare un blocco.
Non importa, mi dedico con pazienza ai miei obiettivi, parto dai bianchi, i più semplici. Ne chiudo tre a vista e decido che è ora di alzare l’asticella e passare ai verdi. Ne approccio uno sulla parete verticale e che prevede un passaggio in diedro. Lo start è sulla parete Enterprise, poi si deve afferrare la famigerata canna, che non mi è mai piaciuta, ma la tengo e riesco anche ad accoppiarla; il piede devo metterlo sulla parete opposta del diedro … lungo … meno male che faccio stretching, se non col cavolo che ci sarei arrivata. L’appiglio successivo dov’è? Sulla stessa parete dell’appoggio! Ma cavolo! Mi spingo dentro il diedro ruotando le spalle e facendo forza sulla canna, che non mi è mai piaciuta tanto come in questo momento … meno male che la presa è una tacca netto. Quella successiva è poco sopra, ci arrivo comoda mettendo il piede sulla canna. Riposo un attimo e punto al top … ma quanto è in alto?? Ok, ho un altro appoggio per il destro; cambio piede, alzo il destro e … non ci arrivo. Ok, nessun problema, rimetto la mano sinistra sulla canna e ci rimetto anche il piede sinistro. Va’, va’, va’ che bella spaccata! Santo stretching!! Mi volto verso il top, allungo la sinistra … non ci arrivo! NON CI ARRIVO!! Urge trovare una soluzione … da qui non posso lanciare e non ho altri appoggi comodi … cazzo faccio?? Punto un piede in parete … tieni, tieni, TIENI!!! Ah, sono al top!! Via un verde è chiuso! Meno male che ho pensato di usare le scarpe nuove, le Feroce, e non le solite Wild Climb, sfondate e poco performanti.
Cerco un altro blocco verde, che non sia però troppo strapiombante; due sono papabili, numerati 7 e 8. Il numero 8, però, prevede un passaggio su un volume a forma di chiocciola che so per esperienza essere antipatico. Andata per il 7.
Il blocco si sviluppa tutto verso destra sulla paretina poco strapiombante infondo alla palestra; visto la sequenza degli appigli cerco di partire posizionandomi ben bene in laterale, con partenza a mani incrociate, in modo da tenere l’appiglio buono Start con la sinistra. Il successivo anche è buono, ci accoppio, cambio piede e mi giro frontale. Anche il terzo è decente, da pinzare ma decente, e comincio a domandarmi dove sia l’inghippo; alzo i piedi, prendo la presa successiva. Adesso il volume blu, che mi hanno detto essere buonissimo, e … e non ci arrivo, tanto per essere originale … mi allungo, dondolo, mi sbilancio, ma non ci arrivo … eccolo l’inghippo … eccheccazz …
Ma io sono ormai esperta nei lanci, quindi un, due, tre … NO FEAR! Mancato clamorosamente e altrettanto clamorosamente precipito sul materasso.
Riproverò quel lancio un discreto numero di volte nel corso della serata, mancando il volume in oltre la metà dei tentativi. E quando anche riuscirò ad afferrarlo scoprirò, mio malgrado, che anche il top è molto distante. Inutile dire che non chiuderò quel blocco.
In preda alla frustrazione, tra un tentativo e l’altro al blocco 7, mi dirigo battagliera verso il blocco numero 8. Non so nemmeno bene io come, forse merito di tutta l’adrenalina, ma lo chiudo a vista!
Prima della fine della gara chiudo ancora un paio di bianchi, ma ormai sono stanca, le braccia sono ghisate e le mani bruciano.
La palestra si è saturata di magnesite e una sorta di nebbiolina aleggia sopra le nostre teste quando, alle 22.00 viene decretata la fine della gara.
Mentre si stilano le classifiche e Gabriele Moroni, presente durante tutta la gara, traccia le finali, noi tutti prendiamo d’assalto il buffet offerto dall’organizzazione, con tanto di bottiglie di spumante che vengono particolarmente apprezzate!
Con gli amici seguiremo la finale femminile, per fare il tifo per Irene, che arriverà seconda. Tra gli uomini, nessuno dei nostri amici è in finale, quindi ci disinteressiamo completamente della finale e rimaniamo io e pochi altri a fare un po’ di casino fino a mezzanotte, tutti abbastanza brilli.
Arrivata la mezzanotte per me si è fatto tardi e, come una rampicante cenerentola, devo andare a casa, anche se mi perdo le premiazioni, ma pazienza, il mio contributo per la serata l’ho lasciato.
Andrò a dormire felice per la bella serata trascorsa, ma con la consapevolezza che le gare non fanno per me, troppa ansia, troppa fretta, troppa competizione, ma pensando anche che, una ogni tanto, affrontata con spirito goliardico, tutto sommato si può fare!
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