Non
sono mai stata interessata alle competizioni, non ho mai praticato sport a
livello agonistico e non sono certo interessata a farlo ora.
A
dire la verità sono una persona competitiva, molto, ma più con me stessa che
con altri: non voglio fare più o meglio di altre persone, ma sempre e solo
superare me stessa, fare qualcosa ogni volta meglio della precedente. A volte
mi dico che vivrei con molta meno ansia se non dovessi lottare costantemente
contro me stessa, ma del resto è questa la mia condanna.
Per
Muro Duro, però, vale forse la pena di fare un’eccezione e rinunciare allo
spirito di non belligeranza con cui approccio l’arrampicata: la palestra sarà
infatti sede di una tappa del circuito boulder Presa in Giro, una serie di gare
itineranti, disputate in diverse palestre, con blocchi differenti, ma
classifica finale comune.
La
voce circolava già da un po’, ma la notizia è rimasta silente fino alla
riapertura della palestra dopo la pausa natalizia, quando la gara viene
“ufficializzata” con una scritta sulla lavagna.
Inizialmente
non sono convinta di partecipare. So di essere piuttosto scarsa ad arrampicare,
ma ultimamente mi sono sentita migliorata, prova ne è l’aver chiuso metà dei
blocchi gialli, mentre fino a ottobre arrancavo sui bianchi. È vero che le
tracciature sono tutte nuove e sicuramente più facili dell’anno scorso, ma mi
sento lo stesso galvanizzata.
Inoltre,
voci di corridoio, dicono che il tracciatore sarà lo stesso dei blocchi di
novembre; un tracciatore di tutto rispetto, oltretutto, un certo Gabriele
Moroni, non so se mi spiego.
Sondando
un po’ gli animi in palestra, quasi tutti sono intenzionati a partecipare. E
chi non gareggia sarà tra il pubblico. Posso mancare io? E allora, che gara
sia!
L’orario
ufficiale di inizio è le 19.30, e arriviamo tutti alla spicciolata nell’ora
precedente. Ci iscriviamo, riceviamo le magliette (viola per le donne, arancio
per gli uomini) e poi siamo liberi di studiare i blocchi già tracciati.
La
scala di difficoltà è diversa rispetto a quella precedente:
bianco-verde-blu-giallo-rosso.
Osservo
i bianchi e mi sembrano tutti fattibili, e anche qualche verde non sembra
impossibile. Un paio di verdi hanno dei movimenti lunghi lunghi; non li
proverò.
Non
osservo altri blocchi, tanto non avrò tempo, forze e tanto meno capacità per
provare cose più difficili.
Mentre
aspetto di iniziare scambio due parole con gli altri, chi più chi meno agitato,
e via via che trascorrono i minuti, cominciano a delinearsi le strategie.
C’è
chi punta sulla qualità, mirando ad iniziare subito con i blocchi duri mentre è
ancora riposato; c’è chi punta sulla quantità, e a chiudere tutti i blocchi
facili.
Io
medito ad una via di mezzo: provare due/tre blocchi facili di riscaldamento
(quelli sulle pareti più verticali) per poi passare ai verdi e vedere come va.
Se ne riesco a chiudere qualcuno bene, altrimenti tornerò ai bianchi.
Col
trascorrere dei minuti la palestra si riempie; c’è quasi tutta Muro Duro, anche
se qualcuno è venuto solo per fare pubblico, ma ci sono anche parecchie persone
esterne alla palestra. Un gruppetto addirittura arriva da Recco, nonostante la
forte nevicata prevista nel basso Piemonte proprio per quel giorno.
Due
risate e un po’ di ansia, ed infine ecco il via. La gara ha inizio!
Siamo
in tanti a gareggiare, forse troppi. Molti sono agguerriti e ansiosi di
chiudere i blocchi; quasi ci si spintona per mettere le mani sulla parete,
praticamente nessuno rispetta la fila di chi è già in attesa di provare.
Sinceramente tutta questa ansia da prestazione non mi piace, non è divertente;
io sono qui per scalare e divertirmi in una serata un po’ diversa, non per fare
a botte per scalare un blocco.
Non
importa, mi dedico con pazienza ai miei obiettivi, parto dai bianchi, i più
semplici. Ne chiudo tre a vista e decido che è ora di alzare l’asticella e passare
ai verdi. Ne approccio uno sulla parete verticale e che prevede un passaggio in
diedro. Lo start è sulla parete Enterprise, poi si deve afferrare la famigerata
canna, che non mi è mai piaciuta, ma la tengo e riesco anche ad accoppiarla; il
piede devo metterlo sulla parete opposta del diedro … lungo … meno male che
faccio stretching, se non col cavolo che ci sarei arrivata. L’appiglio
successivo dov’è? Sulla stessa parete dell’appoggio! Ma cavolo! Mi spingo
dentro il diedro ruotando le spalle e facendo forza sulla canna, che non mi è
mai piaciuta tanto come in questo momento … meno male che la presa è una tacca
netto. Quella successiva è poco sopra, ci arrivo comoda mettendo il piede sulla
canna. Riposo un attimo e punto al top … ma quanto è in alto?? Ok, ho un altro
appoggio per il destro; cambio piede, alzo il destro e … non ci arrivo. Ok,
nessun problema, rimetto la mano sinistra sulla canna e ci rimetto anche il
piede sinistro. Va’, va’, va’ che bella spaccata! Santo stretching!! Mi volto
verso il top, allungo la sinistra … non ci arrivo! NON CI ARRIVO!! Urge trovare
una soluzione … da qui non posso lanciare e non ho altri appoggi comodi … cazzo
faccio?? Punto un piede in parete … tieni, tieni, TIENI!!! Ah, sono al top!!
Via un verde è chiuso! Meno male che ho pensato di usare le scarpe nuove, le
Feroce, e non le solite Wild Climb, sfondate e poco performanti.
Cerco
un altro blocco verde, che non sia però troppo strapiombante; due sono
papabili, numerati 7 e 8. Il numero 8, però, prevede un passaggio su un volume
a forma di chiocciola che so per esperienza essere antipatico. Andata per il 7.
Il
blocco si sviluppa tutto verso destra sulla paretina poco strapiombante infondo
alla palestra; visto la sequenza degli appigli cerco di partire posizionandomi
ben bene in laterale, con partenza a mani incrociate, in modo da tenere
l’appiglio buono Start con la sinistra. Il successivo anche è buono, ci
accoppio, cambio piede e mi giro frontale. Anche il terzo è decente, da pinzare
ma decente, e comincio a domandarmi dove sia l’inghippo; alzo i piedi, prendo
la presa successiva. Adesso il volume blu, che mi hanno detto essere
buonissimo, e … e non ci arrivo, tanto per essere originale … mi allungo,
dondolo, mi sbilancio, ma non ci arrivo … eccolo l’inghippo … eccheccazz …
Ma
io sono ormai esperta nei lanci, quindi un, due, tre … NO FEAR! Mancato
clamorosamente e altrettanto clamorosamente precipito sul materasso.
Riproverò
quel lancio un discreto numero di volte nel corso della serata, mancando il
volume in oltre la metà dei tentativi. E quando anche riuscirò ad afferrarlo
scoprirò, mio malgrado, che anche il top è molto distante. Inutile dire che non
chiuderò quel blocco.
In
preda alla frustrazione, tra un tentativo e l’altro al blocco 7, mi dirigo
battagliera verso il blocco numero 8. Non so nemmeno bene io come, forse merito
di tutta l’adrenalina, ma lo chiudo a vista!
Prima
della fine della gara chiudo ancora un paio di bianchi, ma ormai sono stanca,
le braccia sono ghisate e le mani bruciano.
La
palestra si è saturata di magnesite e una sorta di nebbiolina aleggia sopra le
nostre teste quando, alle 22.00 viene decretata la fine della gara.
Mentre
si stilano le classifiche e Gabriele Moroni, presente durante tutta la gara,
traccia le finali, noi tutti prendiamo d’assalto il buffet offerto
dall’organizzazione, con tanto di bottiglie di spumante che vengono
particolarmente apprezzate!
Con
gli amici seguiremo la finale femminile, per fare il tifo per Irene, che
arriverà seconda. Tra gli uomini, nessuno dei nostri amici è in finale, quindi
ci disinteressiamo completamente della finale e rimaniamo io e pochi altri a
fare un po’ di casino fino a mezzanotte, tutti abbastanza brilli.
Arrivata
la mezzanotte per me si è fatto tardi e, come una rampicante cenerentola, devo
andare a casa, anche se mi perdo le premiazioni, ma pazienza, il mio contributo
per la serata l’ho lasciato.
Andrò
a dormire felice per la bella serata trascorsa, ma con la consapevolezza che le
gare non fanno per me, troppa ansia, troppa fretta, troppa competizione, ma
pensando anche che, una ogni tanto, affrontata con spirito goliardico, tutto
sommato si può fare!