Ho una voglia matta di scalare. Le ultime due domeniche di bel tempo le
ho passate sulla neve cercando di non farmi dominare da una tavola da
snowboard. Dire che ha vinto lei è un eufemismo, per cui la mia (scarsa)
autostima ha bisogno di tornare su un terreno a me più consono.
La scorsa domenica era in programma una bella uscita con un bel gruppo
di amici, ma, ahimè, il meteo non ci ha agevolati e, causa una fitta nevicata,
abbiamo dovuto rimandare la gita a data da destinarsi. Da parte mia ho aggiunto
anche una lieve influenza che, per quanto non mi abbia impedito di recarmi alle
urne a compiere il mio dovere di cittadina italiana, mi ha sottratto tutte le
forze appena dopo l’ora di pranzo, costringendomi ad una poco gloriosa ritirata
sotto il piumone. Guardando fuori dalla finestra ho ringraziato la neve che, provvidenziale,
mi ha impedito di fare, come mio solito, il di più: se ci fosse stato bel tempo
non avrei sicuramente dato forfait, sarei andata in falesia provando a scalare,
perché “Moriar stando contempturus animam, quam mihi febricula eripiet una”
(Flavio Costante Giuliano).
Oggi, invece, il tempo è splendido!
Il meteo, controllato febbrilmente tutti i giorni della settimana appena
trascorsa, prometteva sole e temperature accettabili. Non si sono sbagliati.
Però del nutrito gruppo di amici, siamo rimasti solo io e Gabriele; tutti gli
altri, essendosi tenuti liberi per la domenica precedente, oggi non potevano.
Pazienza, per scalare è sufficiente essere in due, così alle otto partiamo da
Trecate diretti verso Montestrutto.
Falesia sconosciuta Montestrutto. Mi dicono molto bella, con tiri anche
facili, ottimamente chiodata e ben esposta. Avvicinamento praticamente zero. Ho
scaricato da internet le relazioni dei vari settori con i gradi delle vie.
Speriamo bene.
Giornata di prime volte oggi: per Gabriele è il battesimo della roccia,
perché lui in falesia non c’è mai stato ma ha scalato solo in palestra fin’ora;
e per me è la prima volta senza una persona più esperta di me accanto. Sento un
po’ la responsabilità, unita ad una elettrizzante eccitazione che, come sempre
in questi casi, mi fa formicolare le mani e mi stringe la bocca dello stomaco.
Il viaggio in autostrada è tranquillo e in un’ora circa siamo alla
falesia.
Beh, che dire, il posto merita, merita davvero: è un’enorme placconata di
solido gneiss, rotonda, ondulata, quasi accogliente nella morbida luce del
mattino. Il parcheggio si trova dietro un pergolato sul quale si avviluppano
alcune piante di vite, ancora spoglie e dormienti, vista la stagione. Lo
steccato è interrotto in concomitanza di un sentiero di autobloccanti, che
cozza un po’ con l’insieme bucolico dell’ambiente.
Un bar allestito in un prefabbricato in legno fa da punto di appoggio,
mentre il prato, i tavoli da pic-nic e il campo da volley ci osservano con
noncuranza. Saranno abituati all’invasione domenicale dei climbers.
Non riesco a fare a meno di pensare che in estate il posto deve essere
splendido. Poi però penso che le pareti sono esposte a sud-ovest, e che già a
giugno si rischia seriamente di condividere la sorte della carne cotta su
pietra ollare.
Io e il socio ci carichiamo in spalla gli zaini con l’attrezzatura e ci
avviamo al primo settore, Carnevale d’Ivrea. È il settore più facile e più
vario. E infatti è già mezzo occupato da un corso del Cai: gli istruttori
stanno montando le corde su un po’ di vie, comprese un paio che avevo
adocchiato sulle relazioni … cavolo! Volevo iniziare su qualcosa di facile, fare
un giro su un paio di quarti! Non posso iniziare già su vie di 5a o 5b, Gabriele
non ha mai messo mano su roccia, e anche se so che non è il tipo da tirarsi
indietro e sono sicura che salirà senza problemi, non posso essere certa della
reazione che avrà. Ma forse le mie sono solo scuse per non dover ammettere si
essere io il coniglio: non scalo su roccia da due mesi e su gneiss et similia da inizio ottobre, dal
Paretone di Arnad, e il primo giro da 1 tocca a me. Non me la sento di
rischiare.
Guardo la mia guida home made e adocchio un 4b e un 4c ancora liberi.
Iniziamo da qui.
Corda, scarpette, imbrago, rinvii, grigri, ghiere … si parte!
Lascio il grigri a Gabriele, mi lego e mi preparo a salire “I Diavoli –
4c”.
Sono concentrata ma stranamente tranquilla. Non ho mai scalato qui, non
conosco la roccia, non conosco la via eppure sono tranquillissima, cosa che non
mi succede mai scalando da prima, nemmeno su un tiro che conosco a memoria.
Sarà che mi fido del mio socio che mi assicura, mi fido ciecamente di lui. Non
ho nessun bisogno di guardarlo per sapere che mi sta assicurando alla perfezione,
lo so e basta. Forse mi fido più di Gabriele che di me stessa in questo
momento, per questo salgo così bene.
Il tiro è molto carino, una bella placca facile facile. Qualche metro
per far prendere ai piedi confidenza con l’arrampicata di aderenza e tutto va
via liscio come l’olio: in pochi minuti sono in catena. C’è un moschettone. Ottimo!
Chiedo a Gabriele se la fa da primo o da secondo. Mi risponde che salirà
da primo. Non avevo dubbi. Ti lascio i rinvii? No, no, me li metto. Ecco,
appunto … conosco i miei polli.
Mi cala e ci scambiamo.
Sale bene Gabriele, qualche insicurezza all’inizio e a metà, ma è più
che altro questione di fiducia. Lui è più per le vie fisiche, ma qui non c’è
nulla da tirare, bisogna fidarsi dei piedi. Arriva in catena; sembra
soddisfatto. La sua prima via su roccia! Evviva!! Sorride mentre lo calo …
chissà cosa gli passa per la testa …
Scelgo la via accanto “Credendari – 4b”. Anche questa è facile, c’è solo
un passetto a metà un po’ lungo dove devo chiedere alla mia testa un po’ più di
fiducia. Tutto a posto comunque. Mi piace e mi sto divertendo.
Anche Gabriele sale bene da primo, anzi, sale meglio di prima. Si vede
che sta acquistando fiducia nelle scarpette. Gli grido di usare i piedi e lui
ride. È la frase che ripete sempre a me Roby in palestra “Usa i piedi!!”.
Sappiamo che è il consiglio migliore che ci possono dare, ma ormai è diventato
quasi una barzelletta, perché fidarsi delle scarpette e non delle dita è la
cosa più difficile da fare, è lo switch mentale che divide un arrampicatore mediocre
da uno bravo.
Quando tocca terra Gabriele è evidentemente esaltatissimo … alziamo un
po’ il tiro? Gli chiedo. Accanto alle vie che abbiamo fatto c’è un 6a, “Il tiro
delle arance”. Lo guardo. Ha un attacco boulderoso, duro perché non ci sono
buoni appoggi e gli appigli da usare sono due, di numero, e pure alti. Passato
il secondo rinvio poi è facile, ma l’inizio è una bastonata. Gliene parlo.
Gabriele vuole provarlo, da primo. Non salirà, lo so, è troppo tecnico per lui.
Ma va bene lo stesso, lo faccio provare.
Prova a partire due o tre volte, ma non sa dove e come mettere i piedi.
Io li vedo gli appoggi, ma sono ridicoli. Prova e riprova. Non sale. Va beh,
forse abbiamo osato un po’ troppo.
Cambiamo settore, e ci trasferiamo al Retro Bar. Mi sento carica oggi e
vorrei davvero alzare il livello delle vie, adocchio un 5b, mi piacerebbe
provarlo. Ma prima decidiamo di meritarci una breve pausa per un cappuccino
veloce.
Quando torniamo dal bar la via è stata occupata. Cazzo!
Dobbiamo ripiegare. Scaliamo ancora un quarto divertente, poi ci
fermiamo e osserviamo Titano, un 5c. Non mi convince molto: è breve, un po’
boulderoso, forse un po’ troppo.
Ma Gabry si è esaltato e vuole provarlo, e chi sono io per reprimere i
desideri di gloria di un neofita della roccia?
Già in partenza, però, ha qualche piccolo problema: non riesce a far
tenere le scarpette. Noto che ha indossato le scarpette più comode, quelle meno
performanti … pessima, pessima idea! Comunque riesce a salire. Rinvia due spit
e raggiunge il punto duro, un pezzetto di un metro, forse un metro e mezzo,
strapiombante. Da sotto non sembra impossibile, anzi, sembra ben appigliato.
Ecco, appunto, sembra … Gabry mi comunica tutto il suo sconforto: gli appigli
buoni sullo strapiombo sono tutti rovesci, gli altri sono svasi e sopra lo
strapiombo, in uscita dal pezzo duro, non ci sono appigli, ma solo piccole
rugosità da tenere in punta di dita, nulla di utile, comunque. Gabry è abbastanza alto da rinviare lo spit a
metà strapiombo, almeno per mettersi in sicurezza, ma poi non sale, non riesce
a tenere nulla.
Dopo qualche altro tentativo scamotta a destra e arriva in catena
passando fuori via, poi si fa calare, sconsolatamente.
Ci provo io da seconda.
Memore delle difficoltà del mio socio a salire i primi due metri, opto
per le scarpette nuove e strette, le Scarpa da “competizione”. In effetti non
ho tutta questa difficoltà a salire. Poi però arrivo anch’io al pezzo duro.
Eh, già! Gabriele aveva ragione: tutti quelli che da sotto sembravano
appigli sono in realtà rovesci o svasi. Sopra lo strapiombo non riesco a
raggiungere nulla di tenibile e io sono, oltretutto, più piccina, quindi devo
fare almeno un passo in più per uscire dallo strapiombo. Ma cazzo! Odio, odio,
odio le vie boulderose!
Mi arrendo … e mi faccio calare …
Nel frattempo ci hanno raggiunti Massimo e Stefania, gli zii di Gabry, e
ne approfittiamo per fare pausa pranzo in compagnia loro e dei tre cani. Meritano
assolutamente una citazione i panini e le piadine del bar, davvero ottimi!
Dopo aver calmato i morsi della fame, optiamo per una via semplice, “Aldebaran”,
che il mio socio scala da 1, mentre io decido di salire da 2 perché un passo in
diedro mi convince poco. Stefania ne approfitta per documentare
fotograficamente la nostra salita con un’abbondanza di belle immagini. Riesce a
catturare gli attimi migliori, come Gabriele mentre rinvia o un mio passo nel
diedro che nemmeno mi ero resa conto di aver fatto così bene! Invidia, le mie
foto di falesia sono sempre ridicole!
Saliamo poi un altro quarto, che mi sento di fare anch’io da prima, poi
Gabriele decide che vuole di nuovo alzare un po’ il tiro e così ritorniamo al
settore Carnevale, dove c’è una via corta, Lo Scarlo, un 6a+ molto fisico.
Penso, erroneamente, che il mio socio potrebbe riuscire a salire, visto
che la via mi sembra sì dura, perché leggermente strapiombante, ma ben
appigliata. Mi sbagliavo. Gli appigli sono troppo svasi e non riesce a tenerli.
Niente, abbandoniamo anche questo progetto. Si farà quando saremo più esperti.
Sulle relazioni che ho scaricato da internet leggo che la via accanto, “Fagioli
Grassi”, è gradata 5c, anch’essa breve e boulderosa; gli propongo di salire
quella, tanto io sono abbastanza stanca e difficilmente riuscirò a provare
ancora qualcosa, mi adatto a fargli da contrappeso.
In realtà nemmeno su quella riesce a salire, anzi sembra addirittura
fare più fatica che su Lo Scarlo. Giuro che non capisco! Eppure un 5c non dovrebbe
essere così tanto duro! Si demoralizza Gabriele, ma non so come aiutarlo, non
posso neppure tirarlo più di tanto perché è da primo e una volta che supera il
rinvio c’è poco che posso fare. Mi chiede di calarlo, perché tanto non riesce a
risolvere il passaggio, ma poi i rinvii chi li recupera?
Vediamo, vicino a noi, una coppia di ragazzi: lui sta provando il 6b
accanto a Lo Scarlo. Decidiamo di chiedere a loro se, una volta in cima,
facendo passare la corda nelle catene, vuole calarsi su Fagioli Grassi e
recuperarci i rinvii.
Il ragazzo accetta, anzi decide addirittura di provare la via,
avvertendoci però che non è sicuro di riuscire a salire. La sua affermazione mi
lascia perplessa: ma come? Stava per salire un 6b e non si sente sicuro su un
5c? Quando glielo faccio, educatamente, notare, la ragazza ridendo mi informa
che quella via era sì un 5c in camino, ma prima che metà parete crollasse al
suolo. Adesso, che non hanno cambiato la chiodatura, è data 6c.
Ooops … Gabriele mi lancia uno sguardo assassino … non posso fare altro
che chiedergli scusa, ma sulle relazioni scaricate c’è scritto 5c, ne sono
sicura! Anzi, ricontrollo … c’è scritto davvero 5c!
Gentilmente la ragazza ci informa anche che al bar è in vendita la nuova
guida aggiornata.
Credo proprio che sarà un investimento necessario …
Ma allora, mi chiedo, quante vie abbiamo fatto oggi, ignorandone la
reale difficoltà? Mah …
Alla fine il ragazzo in qualche modo arriva in catena e riesce a
recuperarci i rinvii … tutto è bene quel che finisce bene, ed io e il mio socio
decidiamo di finire così anche la giornata. Sono le tre passate è decisamente ora di rientrare.
Ritiriamo l’attrezzatura e ci dirigiamo verso l’auto.
Nonostante tutto, e nonostante l’inconveniente dei gradi sbagliati,
Montestrutto ci è piaciuta molto e siamo convinti di tornarci, anzi Gabriele
propone di fare campo base lì almeno fino a maggio, almeno fino a che farà
troppo caldo. E l’idea non mi dispiace per niente.
Arrivederci Montestrutto, a presto!!