lunedì 11 novembre 2013

Sfalesiate d'autunno



Ed infine è giunto anche Ottobre. Ho sempre amato Ottobre, forse perché, per sua natura, non è chiaramente definibile ed io lo vivo sempre come un mese di transizione. Non è più estate, ma non ancora inverno; non fa più caldo, ma neppure ancora freddo e in questo mese convivono spudoratamente cioccolate calde e gelati. È il mese delle zucche, delle castagne e del cambio dell’ora.
Forse lo amo per i colori di cui la natura si veste, questa esplosione, improvvisa, di rosso arancio e oro, che scalda anche le giornate uggiose, e rende piacevole passeggiare in un viale alberato anche sotto una pioggerellina fine.
Il cielo in ottobre si satura dei profumi dell’autunno; nei boschi è forte l’odore di funghi e terra bagnata, di foglie che muoiono e alberi che lentamente si assopiscono. Nei paesi le caldarroste uniscono il loro aroma a quello della prima legna bruciata nei caminetti, e accompagnano i contadini negli ultimi lavori nei campi.
L’orizzonte svanisce, immerso nella foschia evanescente del mattino, e il sole è una palla rossa, un’enorme arancia che emerge dall’orizzonte sfocato alle sette della mattina.
In questo mese che porta con sé la consapevolezza di un anno che finisce, anche l’arrampicata gioca le sue ultime carte.

Il meteo non è particolarmente clemente quest’anno: piove, piove spesso, piove sempre.
Il primo fine settimana dopo le vacanze in Grecia devo rinunciare alla roccia per sopravvenuto maltempo. Con Gabry e Roby sabato pomeriggio vado all’inaugurazione di una piccola palestra indoor a Verbania. Degno di nota il lavoro, evidentemente del tutto home made e non fatto da professionisti (leggi Rockspot), davvero ben riuscito e curato, e assolutamente geniale il nome: Chalk Norris! Purtroppo la palestra è davvero troppo piccola per giustificare un viaggio fino a Verbania.

Domenica 13, meteo o non meteo, non voglio sentire ragioni: si va in falesia! Eppure la fortuna ancora non sembra assisterci. Nell’eventualità di prenderci la pioggia optiamo per la classica falesia “merenderos”, ovvero Montestrutto: avvicinamento a rischio zero e possibilità di rifugiarsi al bar nell’eventualità che le nubi prendano il sopravvento. Il gruppetto è risicato, perché i Kalymnici sono diretti a Finale e al punto blu ci ritroviamo in quattro: io, Gabry, Mattia e Giulia.
Arrivati a Montestrutto scopriamo che ben tre corsi CAI e svariate decine di persone hanno avuto la nostra stessa idea. Un po’ infastiditi dobbiamo ripiegare sui tiri di Frangivento. Oggi per me va molto bene, ho voglia e testa, e scalo quasi solo da prima. Provo anche un 6a, che non riuscirò a salire nemmeno da seconda, perché la roccia è fradicia e scivolano le mani, i piedi, tutto. O forse perché sono ancora troppo scarsa, ma per l’autostima, che oggi è alta, è meglio pensare che la colpa sia dell’acqua.
A fine giornata torniamo verso il Carnevale e lì troviamo Maury, op s… pardon, Mau Ry con altri suoi amici, tutti quanti infreddoliti e inumiditi da una fastidiosa pioggerellina che nel frattempo ha iniziato a bagnare la valle. Dopo aver bruciato le ultime energie su Lo Scarlo, quando il bar si svuota, occupiamo tutti insieme un tavolone per una calda merenda di fine giornata, ricca di chiacchiere e nuove conoscenze.

Sabato 19. Si può scalare solo il pomeriggio, perché il socio la mattina ha un impegno. Raggiungo verso mezzogiorno Gabriele a Cavallirio, con l’idea di provare la falesia di Pietra Romanasca a Gattinara, sulla carta molto vicina. Purtroppo il socio, che prevedeva di liberarsi per mezzogiorno, non si libera prima delle 14. Fortunatamente mi sono premunita di tanta, tanta pazienza e di un buon libro e lo aspetto in auto per due ore abbondanti.
Quando finalmente riusciamo a raggiungere la Pietra, dopo circa 40 minuti di cammino nel bosco dopo aver parcheggiato l’auto, troviamo Max/Jester73, un forumista di PM, che ci stava aspettando con la socia.
La falesia è molto piccola ed è abbastanza scomodo fare sicura, i tiri sono pochi e leggermente sotto gradati, la chiodatura un po’ fantasiosa (molto corta nei primi metri, poi lascia anche 4/5 metri tra l’ultimo chiodo e la catena). Proviamo giusto tre tiri, perché poi inizia a fare buio e freddo, ma abbastanza per stabilire che quella falesia non ci piace.

Domenica 27. Organizziamo per andare alla falesia del Laghetto a Quarona. Dovremmo anche essere un discreto gruppetto, ma come al solito il meteo non sembra assisterci. Sabato il meteo è umidiccio, piove nella notte e anche domenica le nuvole non fanno presagire nulla di buono.
Ci troviamo tutti a Novara h 7,00, che, complice il cambio dell’ora, non è un orario così improbabile: io, Gabriele, Mattia, Teo, Alice, neofita amica di Teo, ed Elena, partecipante al corso di arrampicata 2013. Siamo tutti lì, tutti ormai svegli e, nostro malgrado, attivi, decidiamo di provarci ugualmente.
Raggiungiamo quindi la falesia, immersa in un paesaggio quasi incantato. Purtroppo, però, la roccia è molto umida e risulta davvero difficile scalare. I piedi sembrano non tenere, e spesso sono costretta a smagnesare le scarpette per poterle asciugare. I tiri che proviamo sembrano belli e divertenti, ma è difficile giudicarli in queste condizioni. La voglia di ritornare con un clima più asciutto aumenta ad ogni tiro provato.
Nonostante le condizioni climatiche, ne esce comunque una piacevole giornata, in una cornice favolosa, in una falesia da rivedere asciutta.
Sperando in un meteo più favorevole.

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