Ed
infine è giunto anche Ottobre. Ho sempre amato Ottobre, forse perché, per sua
natura, non è chiaramente definibile ed io lo vivo sempre come un mese di
transizione. Non è più estate, ma non ancora inverno; non fa più caldo, ma
neppure ancora freddo e in questo mese convivono spudoratamente cioccolate
calde e gelati. È il mese delle zucche, delle castagne e del cambio dell’ora.
Forse
lo amo per i colori di cui la natura si veste, questa esplosione, improvvisa,
di rosso arancio e oro, che scalda anche le giornate uggiose, e rende piacevole
passeggiare in un viale alberato anche sotto una pioggerellina fine.
Il
cielo in ottobre si satura dei profumi dell’autunno; nei boschi è forte l’odore
di funghi e terra bagnata, di foglie che muoiono e alberi che lentamente si
assopiscono. Nei paesi le caldarroste uniscono il loro aroma a quello della
prima legna bruciata nei caminetti, e accompagnano i contadini negli ultimi
lavori nei campi.
L’orizzonte
svanisce, immerso nella foschia evanescente del mattino, e il sole è una palla
rossa, un’enorme arancia che emerge dall’orizzonte sfocato alle sette della
mattina.
In
questo mese che porta con sé la consapevolezza di un anno che finisce, anche
l’arrampicata gioca le sue ultime carte.
Il
meteo non è particolarmente clemente quest’anno: piove, piove spesso, piove
sempre.
Il
primo fine settimana dopo le vacanze in Grecia devo rinunciare alla roccia per
sopravvenuto maltempo. Con Gabry e Roby sabato pomeriggio vado
all’inaugurazione di una piccola palestra indoor a Verbania. Degno di nota il
lavoro, evidentemente del tutto home made e non fatto da professionisti (leggi
Rockspot), davvero ben riuscito e curato, e assolutamente geniale il nome:
Chalk Norris! Purtroppo la palestra è davvero troppo piccola per giustificare un
viaggio fino a Verbania.
Domenica
13, meteo o non meteo, non voglio sentire ragioni: si va in falesia! Eppure la
fortuna ancora non sembra assisterci. Nell’eventualità di prenderci la pioggia
optiamo per la classica falesia “merenderos”, ovvero Montestrutto:
avvicinamento a rischio zero e possibilità di rifugiarsi al bar
nell’eventualità che le nubi prendano il sopravvento. Il gruppetto è risicato,
perché i Kalymnici sono diretti a Finale e al punto blu ci ritroviamo in
quattro: io, Gabry, Mattia e Giulia.
Arrivati
a Montestrutto scopriamo che ben tre corsi CAI e svariate decine di persone
hanno avuto la nostra stessa idea. Un po’ infastiditi dobbiamo ripiegare sui
tiri di Frangivento. Oggi per me va molto bene, ho voglia e testa, e scalo
quasi solo da prima. Provo anche un 6a, che non riuscirò a salire nemmeno da
seconda, perché la roccia è fradicia e scivolano le mani, i piedi, tutto. O
forse perché sono ancora troppo scarsa, ma per l’autostima, che oggi è alta, è
meglio pensare che la colpa sia dell’acqua.
A
fine giornata torniamo verso il Carnevale e lì troviamo Maury, op s… pardon,
Mau Ry con altri suoi amici, tutti quanti infreddoliti e inumiditi da una
fastidiosa pioggerellina che nel frattempo ha iniziato a bagnare la valle. Dopo
aver bruciato le ultime energie su Lo Scarlo, quando il bar si svuota,
occupiamo tutti insieme un tavolone per una calda merenda di fine giornata,
ricca di chiacchiere e nuove conoscenze.
Sabato
19. Si può scalare solo il pomeriggio, perché il socio la mattina ha un impegno.
Raggiungo verso mezzogiorno Gabriele a Cavallirio, con l’idea di provare la
falesia di Pietra Romanasca a Gattinara, sulla carta molto vicina. Purtroppo il
socio, che prevedeva di liberarsi per mezzogiorno, non si libera prima delle 14.
Fortunatamente mi sono premunita di tanta, tanta pazienza e di un buon libro e
lo aspetto in auto per due ore abbondanti.
Quando
finalmente riusciamo a raggiungere la Pietra, dopo circa 40 minuti di cammino
nel bosco dopo aver parcheggiato l’auto, troviamo Max/Jester73, un forumista di
PM, che ci stava aspettando con la socia.
La
falesia è molto piccola ed è abbastanza scomodo fare sicura, i tiri sono pochi
e leggermente sotto gradati, la chiodatura un po’ fantasiosa (molto corta nei
primi metri, poi lascia anche 4/5 metri tra l’ultimo chiodo e la catena).
Proviamo giusto tre tiri, perché poi inizia a fare buio e freddo, ma abbastanza
per stabilire che quella falesia non ci piace.
Domenica
27. Organizziamo per andare alla falesia del Laghetto a Quarona. Dovremmo anche
essere un discreto gruppetto, ma come al solito il meteo non sembra assisterci.
Sabato il meteo è umidiccio, piove nella notte e anche domenica le nuvole non
fanno presagire nulla di buono.
Ci
troviamo tutti a Novara h 7,00, che, complice il cambio dell’ora, non è un
orario così improbabile: io, Gabriele, Mattia, Teo, Alice, neofita amica di
Teo, ed Elena, partecipante al corso di arrampicata 2013. Siamo tutti lì, tutti
ormai svegli e, nostro malgrado, attivi, decidiamo di provarci ugualmente.
Raggiungiamo
quindi la falesia, immersa in un paesaggio quasi incantato. Purtroppo, però, la
roccia è molto umida e risulta davvero difficile scalare. I piedi sembrano non
tenere, e spesso sono costretta a smagnesare le scarpette per poterle asciugare.
I tiri che proviamo sembrano belli e divertenti, ma è difficile giudicarli in
queste condizioni. La voglia di ritornare con un clima più asciutto aumenta ad
ogni tiro provato.
Nonostante
le condizioni climatiche, ne esce comunque una piacevole giornata, in una
cornice favolosa, in una falesia da rivedere asciutta.
Sperando
in un meteo più favorevole.