Maggio d’arrampicata
caratterizzato più dalla guerra al meteo che dalla lotta alla roccia: quest’anno
la primavera è partita decisamente a singhiozzo, con un’alternanza di giornate
di sole (solitamente in settimana!) e periodi di pioggia (solitamente nei
weekend!) più o meno duraturi. Sostanzialmente è da metà febbraio che il meteo
fa le bizze.
Comincia male già il 1
maggio; dopo il perturbato weekend del 25 aprile, la situazione per quel
mercoledì non sembra essere migliore. Io e il mio socio, però, abbiamo da tempo
deciso di trascorrere la giornata a Bielmonte e così, nonostante il meteo non
incoraggiante, la mattina carichiamo l’attrezzatura nella Clio di Gabry e
partiamo.
Raggiunta la palestra
di roccia dell’Argimonia attorno alle 10.30, scopriamo, nostro malgrado, che la
roccia è fradicia e rivoli d’acqua scendono più o meno ovunque.
Di scalare da 1, quindi,
non se ne parla neppure: troppo rischioso con tutto quell’umido! Così il socio
si avventura sopra la placconata e riesce ad agganciare la mia corda su una
catena in cima a un quinto, per poterlo scalare in moulinette.
Inizio io. Non so se è
il confronto con le falesie di Arco o cos’altro, ma eccezion fatta per la
partenza, dove occorre spalmare i piedi sfruttando un’aderenza che causa acqua
non c’è, per il resto quel quinto mi sembra una scaletta e in un attimo sono in
catena. Mah …
Proviamo poi a salire
una variante della stessa via, passando a sinistra della placca, dove si deve
arrampicare in diedro fino ad uscire da un piccolo strapiombo. Da lì si
potrebbe pensare di proseguire con la placca, ma è troppo umida, così
traversiamo e continuiamo sulla via di prima fino alla catena. La variante è
molto carina, forse più della via originale.
Decidiamo di smettere
perché non possiamo fare altro, dal momento che non è comodo mettere la corda
dall’alto su altre vie. Appena in tempo, perché poco dopo essere tornati alla
macchina inizia a piovere.
Ci riproviamo domenica
5 maggio. Oggi non ho voglia di pensare a dove andare, né di cercare una
relazione in internet. Questa domenica voglio che qualcun altro decida per me,
così ci aggreghiamo al corso di alpinismo organizzato dal CAI Novara.
Ritrovo ore 7.30 al
punto blu di Galliate, destinazione Pietra Croana, Serravalle Sesia.
Non conosco il posto,
non ci sono mai stata e non ho trovato nessuna relazione in rete; so però che
si tratta di una palestra di roccia per vie di più tiri. In palestra ho chiesto
a un paio di istruttori se era fattibile, per noi falesisti, salire soltanto il
primo tiro delle vie. Risposta affermativa, e quindi eccoci qui, io, Gabriele e
la banda del corso di alpinismo, parcheggiata la macchina sul ciglio di una
stretta stradina di campagna, ad affrontare l’attacco di un sentiero di
avvicinamento che ci costerà 40 minuti di cammino in salita. Io non amo gli
avvicinamenti lunghi e faticosi. Però c’è il sole, la giornata è bella, la
compagnia piacevole e la prospettiva di mettere le mani sulla roccia rende
quasi meno faticoso il cammino zaino in spalla.
Quando arriviamo al
bivacco sotto l’attacco delle vie, Gabry viene raggiunto telefonicamente da
Massimo e Stefania, che gli comunicano il loro imminente arrivo; il socio
decide di scendere per andare loro incontro.
Tra una cosa e l’altra
perdiamo circa un’ora. Quando siamo finalmente operativi tutti e quattro e ci
accostiamo alle vie, realizziamo che queste sono decisamente facili, forse un
po’ troppo. Ci accingiamo a salire un quarto ma scopriamo, non senza sgomento,
che la parete scarica sassi e noi non abbiamo il caschetto. Inutile dire che
non mi piace l’idea di scalare avendo delle cordate sopra di noi che possono
far staccare qualsiasi cosa. Inoltre Gabriele lamenta il fatto di avere spit
arrugginiti, chiodatura lunga e catena insolita. Forse, la sua, è solo un po’ di
coniglite, ma non mi pare sano rimanere a scalare in un posto che, oltre a
mostrare pericoli oggettivi, non piace a nessuno. Decidiamo di trasferirci a
Bielmonte, che da lì non è troppo lontana.
Raggiunte le auto troviamo
quella di Massimo e Stefy sprofondata per tutta la ruota posteriore nel dirupo
che costeggia la strada.
Dopo vari e inutili
tentativi di risolvere la situazione io e Stefania elemosiniamo aiuto da un
signore che accorre con un vecchio ma gigantesco trattore Lamborghini dotato di
braccio meccanico, che non fa alcuna fatica a trainare l’auto fuori
dall’inghippo e a rimetterla in strada.
L’inconveniente ci ha
fatto perdere più di due ore ed è ormai troppo tardi per raggiungere un’altra
falesia. Terminiamo questa giornata sfortunata in un ristorante stile American
Diner lì vicino, dove consumiamo un gustoso pranzo a base di insalatona,
hamburger vegani e patatine fritte.
Domenica 12 maggio, finalmente
sole, caldo e un bel gruppo di amici con cui scalare! Cosa chiedere di più se
non una bella falesia divertente? Ed eccomi a Sangiano (VA) con il gruppetto
arcense più Gabry. A noi si sono aggiunti altri tre ragazzi, amici del duo
Luca&Fabio.
L’ambiente è
estremamente piacevole: una bella falesia di calcare, molto varia
nell’arrampicata, con placche delicate, alcune vie strapiombanti, mai monotone
e abbastanza ingaggiose, gradi per tutti i gusti e chiodatura decente (anche se
la sottoscritta si è lasciata vincere da un attacco di coniglite feroce …). I
gradi non sono larghi, ma nemmeno regalati. Anche l’avvicinamento è decisamente
onesto: 5 minuti di cammino su un sentiero in piano che sale un po’ ripido solo
per gli ultimi … 10 metri! Pur essendo esposta a sud, la falesia è immersa in
un bosco e quindi la base rimane molto fresca tutto il giorno. Appena si sale
di qualche metro sulle vie, però, il caldo si fa decisamente sentire.
Alla mattina troviamo
il posto vuoto ma durante la giornata si riempie di locals, tra i quali alcuni
che preferirei non incontrare mai più. Tra questi un paio di ragazzi che hanno
deciso di iniziare le rispettive fidanzate all’arrampicata, ma una di queste
non è molto d’accordo, con conseguente litigata furiosa davanti alla platea.
Sono gli stessi ragazzi che, mentre salgo in moulinette su un 6a, decidono di
partire da 1 sulla stessa via mentre io ancora devo farmi calare, e così sono
costretta a legarmi sulla sosta della via accanto. Io accetto la cosa
seraficamente, Gabriele, che mi assicura, vorrebbe spezzare le gambe a tutti loro.
Dulcis in fundo, a fine
giornata, una coppia di climber piuttosto avanti con l’età, presumibilmente
marito e moglie, trovano di che questionare sul mio modo di assicurare Gabry, o
meglio sul mio modo veloce di dargli corda su una rinviata alla “spera in Dio”.
Io e il socio, però, concordiamo sul fatto che l’ho assicurato nel miglior modo
possibile in quel frangente. Vecchi rompiballe!! L
Domenica 19 maggio.
Il meteo non lascia
margini di manovra: coperto e piovoso in tutto il nord Italia ed io mi sono già
rassegnata a trascorrere il pomeriggio alla Decathlon alla ricerca delle
famigerate magliette sulle quali far stampare il logo degli IncaTenati. Venerdì
pomeriggio passo a trovare Gabriele, per sapere se è guarito dall’influenza, il
quale mi comunica che nel gruppo gira la voce di una toccata e fuga a Finale,
perché lì c’è il sole. Subito scarto l’ipotesi: non mi va di fare tutti quei
chilometri in un solo giorno; però l’idea mi rimane in testa e continua a
ronzare e ronzare per tutta la sera e il giorno successivo. Il mio cervello
inizia a fare i calcoli: se siamo in 5, il costo si ammortizza, e poi,
l’alternativa sarebbe la Decathlon, non troppo invitante a confronto. L’idea di
scalare a Finale è appetitosa, però ho qualche remora riguardo ai 500
chilometri da affrontare in un solo giorno … continuo a rimanere in un limbo
dubbioso fino a sabato pomeriggio, quando mi sento con Teo. Anche lui è nella
mia stessa situazione, nella mia medesima incertezza, perché la voglia di
scalare in realtà c’è, eccome! E poi, diciamolo, Finale è sempre Finale!! Al
termine di una breve consultazione decidiamo che la voglia di andare è troppa,
e i pro sono decisamente più dei contro: si va!! Chiamo Gabry, che, conoscendo
la mia idiosincrasia nei confronti delle telefonate, si stupisce non poco, e
gli comunico la decisione presa. Alla fine conviene con me che la notizia
meritava la telefonata.
Quindi, eccoci alle 7
di domenica mattina in un piazzale della periferia di Novara a stiparci in 5
più attrezzatura in una Seat Ibiza e partire in direzione Orco, destinazione
Antro delle Streghe – Rian Cornei.
Il viaggio è veloce e
piacevole; noi seduti sul sedile posteriore sonnecchiamo più o meno fino a
Varazze, fino alla sosta in autogrill. Poi ci pensa Teo a risvegliare gli animi
con una canzoncina tanto stupida quanto esilarante che diventerà il tormentone
della giornata (… e di quelle a venire) … ottimo direi!
Parcheggiamo ad Orco e
scendendo dall’auto ci rendiamo conto che fa tutt’altro che caldo: la
temperatura è a mala pena accettabile e soffia un vento teso, gelido e
tagliente. Evviva … L
Meno male che siamo tutti attrezzati con indumenti pesanti e giacche antivento.
Il più folkloristico è Teo, con una felpa gialla La Sportiva che lo fa sembrare
una versione più longilinea del Pulcino Pio.
L’avvicinamento alla
falesia è a dir poco avventuroso: il sentiero, dopo un primo tratto agevole, si
inoltra nel bosco, inizialmente in piano, poi in discesa via via sempre più
ripido e impervio, con alcuni tratti da superare con pezzi di corde fisse e
cavi d’acciaio; le difficoltà sono aggravate dalle piogge della notte
precedente che hanno reso il fondo fangoso e viscido, quando non hanno creato
vere e proprie pozze. Dopo parecchi minuti di camminata io sono infangata dalla
testa ai piedi, ma finalmente raggiungiamo le vie: il posto è molto bello,
anche se lo spazio per fare sicura in alcuni punti è un po’ ristretto, le vie
sono tante e varie sia per tipologia che per difficoltà. I miei soci si
divertono molto su alcuni 5c/6a piuttosto fisici, mentre io trovo la mia
dimensione su un 6a di placca liscissima dove appigli e appoggi sono poco meno
che ridicoli.
La giornata scorre
veloce e piacevole, complici anche un gruppo di locals molto simpatici arrivati
verso il mezzogiorno. Peccato solo per il freddo, che così tanto in Liguria
credo di non averne mai sentito.
Alle 19.00 lasciamo la
falesia per recarci a Finalborgo e dopo una ben meritata cena a base di
linguine al pesto, brindando con Pigato alle soddisfazioni della giornata, tutti
in auto verso casa. Io non resisto oltre al casello autostradale, e mi addormento
sfinita sulla spalla di Teo, che a sua volta si addormenta appoggiato alla mia
testa, Fabio sonnecchia accanto a me, Luca guida e Gabriele ha promesso che
tenterà di rimanere sveglio. Se ci sia riuscito non mi è dato sapere, perché mi
sono risvegliata ormai a Novara, al termine di una giornata sfiancante ma
assolutamente meritevole e divertente, alla quale sono molto contenta di non
avere rinunciato.