giovedì 26 gennaio 2017

#idisagidelcosplay - Daenerys Targaryen




Daenerys della casa Targaryen, "Nata dalla tempesta", la prima del suo nome, regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, signora dei Sette Regni, protettrice del Regno, principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, "la Non-bruciata", "Madre dei Draghi", regina di Meereen, "Distruttrice di catene".

Se non si fosse capito, nel Gioco dei Troni io tifo per i Targaryen. Perché hanno i draghi e io amo i draghi. Potevo, quindi, esimermi dal fare il cosplay della Madre dei Draghi? No, certo che no, anche se si tratta di un mainstream e a me non piacciono molto i cosplay troppo inflazionati.
Mannaggia a me e alle mie idee! Sembra facile imitare Daenerys, ma non lo è, per un cazzo!
La prima cosa che ho cercato è stata la parrucca, perché ho pensato “trovata quella, il resto sarà una passeggiata!” … ceeeeertooo! Credici!
Comunque, i Targaryen potevano mai avere un colore di capelli standard? Che ne so, un castano ramato o un nero corvino? No, loro hanno i capelli biondi con i riflessi argento (caro George R.R. Martin, io e te dovremo fare un discorsetto, prima o poi…) e la Khaleesi non poteva certo averli di un colore diverso. Peccato che io no ho a disposizione le risorse quasi illimitate della HBO, e volevo una parrucca adatta senza però vendermi anche un rene … c’è da dire che pure io sono una perfezionista e non la volevo né bianca (orrore!!) né grigia e possibilmente già acconciata; quindi ho trascorso ore su internet prima di riuscire a trovare la lace front del colore giusto, ma ce l’ho fatta: ho una parrucca di un biondo chiaro chiaro (ash blonde) già semi-acconciata. Semi-acconciata, perché ovviamente non mi va bene così come è, e schiavizzerò lui obbligandolo ad indossarla mentre la sistemo.
No, non avrete le foto …


Per il vestito non mi sono posta nemmeno il problema: considerando che non so cucire, l’ho commissionato ad un’amica sarta, che per semplificarmi l’esistenza ha il negozio ubicato ad un’ora e venti minuti di macchina da casa mia. Comodo.
Ultimo, ma non meno importante passo, il make up.
Partiamo dal semplice: Daenerys ha gli occhi azzurri, almeno nella serie; io ho gli occhi azzurri; quindi niente ricerca spasmodica di un paio di lenti azzurre graduate che mi non mi facciano sembrare un’aliena (sì so’ cecata! Se vi siete mai chiesti perché faccio solo cosplay di personaggi con gli occhi blu, questo è il motivo!). Un punto per me, evviva!
Però, e qui iniziano i però, non ho esattamente il viso di Emilia Clarke (magari!!!); quindi sotto con la base e il contouring.
Primo step, il fondotinta, poi il correttore per le occhiaie e quello per i brufoletti (ho quasi 33 anni, ma quando la smetteranno?), quindi un velo di cipria rosata per fissare il tutto. E siamo al momento del contouring sugli zigomi, sulla mascella e sulla fronte, possibilmente impiegando almeno venti minuti per sfumarlo bene che l’effetto pennellata di prova a me proprio fa cacare. E fino a qui niente di nuovo…
Labbra e occhi tutto tranquillo.
Ma la particolarità della Clarke sono le sopracciglia, grandi folte e scure, che persino Cara Delevigne gliele invidia! Avete presente quei bei tronchi che vanno di moda ultimamente? Bene … sappiate che le mie non si avvicinano neanche lontanamente a quelle della Clarke, ma proprio zero, niet, nein, nada de nada. Le mie sopracciglia sono sottili sottili, quattro peletti smorti che quasi non sanno nemmeno loro perché stanno lì, e pure belle distanti. Neanche a volerle far crescere selvagge si avvicinano a quelle della Khaleesi nazionale. Non ci siamo proprio.
Cari i miei make up artist di HBO, ma una ceretta a ‘sta povera ragazza non potevate fargliela? Una passata con la pinzetta, magari? Non potevate pensare a noi povere cosplayer che ci saremmo ritrovate a dover imitare cotanta peluria, pur avendo quattro peletti rattrappiti? No?
Va beh, io ci ho provato. Il risultato finale lo vedrete a Novegro, anche se ho pubblicato un'anteprima su Instagram.


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mercoledì 18 gennaio 2017

Assassin's Creed - il film



Il 2016, per quanto riguarda le uscite cinematografiche, può decisamente essere definito un’ottima annata (permettetemi la citazione), e il 2017 sembra non voler essere da meno, esordendo col botto lo scorso 4 gennaio con l’attesissimo Assassin’s Creed.
Purtroppo non sono riuscita ad andare al cinema nella prima settimana di permanenza nelle sale, ma ho dovuto aspettare lo scorso venerdì. Nel frattempo ho letto e sentito in merito molti pareri contrastanti: chi lo descrive come una “cagata pazzesca” in stile Corazzata Potemkin, chi lo osanna come un capolavoro.
Come sempre in questi casi, sono andata al cinema con poche aspettative, pensando che, se a livello cinematografico fosse mancato proprio tutto, almeno per un paio d’ore ci sarebbe stato il culo di Fassbender proiettato sul maxi schermo. Not so bad.
Ma partiamo dalla trama.
Callum Lynch è un dead man walking, ovvero un omicida condannato a morte, la cui esecuzione è in realtà una messinscena architettata da parte della Fondazione Abstergo; questa Fondazione è alla ricerca della Mela dell’Eden, e si vuole servire di Callum per connetterlo ad una macchina chiamata Animus, che gli consentirà di rivivere i ricordi di un antenato spagnolo vissuto nel 1492, un certo Aguilar de Nerha, appartenente alla Confraternita degli Assassini (ovviamente, perché se no mica si sarebbe intitolato Assassin's Creed), che per ultimo ha avuto in suo possesso la Mela dell’Eden.
Senza andare nel dettaglio della trama per non spoilerare troppo, devo dire che a me il film è piaciuto, molto.
D’accordo, non è un film che nominerei per l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, però è ben girato e molto godibile. La trama è semplice, anche se forse un po’ scontata, ma comunque ben raccontata e gestita, e il fatto che sia ispirata alla saga videoludica, ma non strettamente legata ad essa, la rende fruibile anche al pubblico non gamer.
C’è un cattivo (o dei cattivi in questo caso) che cercano un manufatto per controllare l’umanità; c’è un protagonista figo e tormentato, mainagioia al punto giusto, che nel corso della trama prende coscienza di sé e di quale sia la cosa giusta da fare.


Ci sono un paio di belle ragazze, una delle quali cazzuta quanto il protagonista, il cui costume diventerà il sogno proibito di numerose cosplayer nel prossimo futuro; ci sono effetti speciali notevoli, combattimenti forse più realistici di quelli del videogame e inseguimenti al cardiopalma degni dei migliori parkouristi, in pieno stile Assassin’s Creed.
Insomma, non è un film da intellettuali, ma cosa si può pretendere da una pellicola tratta da un videogame?
Ho accennato agli effetti speciali, e devo dire che sotto questo punto di vista sono veramente ottimi e mai gratuiti, in particolare quelli relativi all’Animus, che rendono molto bene l’idea del passaggio attraverso le “due dimensioni” (passatemi il termine …).
Parlando appunto delle due differenti dimensioni lungo cui si dipana la storia, personalmente ho apprezzato molto la scelta fotografica di rendere visivamente diversi, quasi opposti, i due filoni narrativi: il primo, il presente nella struttura madrilena, ha una dominante blu, scura e fredda, con una sensazione di estrema pulizia e ordine che pervade tutto, come passare le mani su una superficie metallica, liscia e asettica.


Il secondo, il passato nell'Andalusia quattrocentesca, è invece luminoso, caldo, rosso e polveroso: nelle scene se ne avverte quasi la ruvidezza, l’odore di sudore, il vento secco sulla pelle e l’odore delle spezie.


In sostanza, un film piacevole, che appaga gli occhi e la voglia di adrenalina, che fa andare in sollucchero gli amanti della saga e si va guardare da chi invece non ci ha mai giocato.

… e poi il culo di Fassbender, che ve lo dico a fare!

Voto: 7,5
Ph. Credits: Google



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domenica 15 gennaio 2017

Serial Crush


A chi non è mai capitato di prendersi, almeno una volta, una cotta, tanto clamorosa quanto platonica, per un attore di una serie tv? Dai, lo so che tutte voi donzelle avevate le pareti delle vostre stanze tappezzate con i poster di James Van Der Beek o Joshua Jackson (Dawson’s Creek), di Jared Padalecki o Milo Ventimiglia (Gilmore Girls), o, se avete qualche anno meno di me, di uno dei fratelli Salvatore (The Vampire Diaries).
Ecco, io in realtà ho sempre avuto gusti particolari per quanto riguarda le serie tv: Beverly Hills 90210 non mi ha mai appassionata, ma forse allora ero troppo piccina, e ancora meno mi attiravano Dawson e la sua cricca. Quindi mentre tutte le mie compagne di classe si strappavano i capelli per le vicende del teen drama di turno, io mi innamoravo dei camici bianchi del Chicago General Hospital. Letteralmente.
E.R. – Medici in Prima Linea (ci tengo al titolo italiano!) è la mia serie del cuore, quella di cui ho seguito tutte, e dico tutte, le 15 stagioni, rigorosamente in prima serata su Rai 2, quando la parola streaming non era ancora stata inventata.


E tra le barelle del Pronto Soccorso il mio cuore ha iniziato a battere per il dottor John Carter, interpretato da un allora giovanissimo Noah Wyle. Non ridete, suvvia! Lo so che non è esattamente l’emblema del manzo, ma ero giovane e ingenua allora. La mia passione per il dottor Carter è durata fino a quando nelle corsie del Chigago General ha fatto la sua comparsa il dottor Gates, alias John Stamos, un figone che ancora oggi, a 53 anni, mi fa ribollire gli ormoni! Non per nulla è stato sposato con Rebecca Romijn. Ca va sans dire…


Nel frattempo, e siamo ai miei vent’anni, madre (perché in fondo era lei che deteneva il vero potere sul telecomando!) decide di farmi appassionare ad un altro medical drama, che in realtà è più drama che medical: Grey’s Anatomy. I miei ormoni rimangono stranamente abbastanza indifferenti alla fauna del Seattle General, e pensavo che il fascino del camice bianco fosse per me limitato alla città di Chicago. Ahahahahaha … ingenua! Non avevo calcolato Jesse Williams, aka dott. Avery, un mulatto dagli occhi verdi che ciao proprio!
È poi la volta di Spartacus, e del bellissimo e purtroppo rimpianto Andy Withfield, il primo e gnocchissimo protagonista della serie Starz; in realtà tutto il cast è un catalogo di manzi da paura; cioè, di Manu Bennet ne vogliamo parlare?


Venendo ai giorni recenti, il mio cuore ha battuto intensamente per il King of the North Richard Madden, ahimè fatto fuori alla fine della terza stagione insieme a mezza casata Stark (maledetti Frey!). Ammetto che George R.R. Martin si è beccato molti e sanguinosi insulti da parte mia per questa dipartita.
Al momento grandi gioie me le stanno dando le serie CW; del resto i supereroi hanno sempre il loro fascino!

Stephen Amell (Arrow) ha una fisicità pazzesca e un sex appeal notevole anche quando prende a martellate un copertone (!!!); peccato che con il copertone condivida anche l’espressività recitativa!
E poi Wentwoth Miller … ah, Wentworth Miller! Lo avevo più o meno catalogato tra i materassabili ai tempi di Prison Break e me lo ritrovo undici anni dopo nei gelidi panni di Capitan Cold in Legends of Tomorrow: sguardo azzurro ghiaccio, sorriso malandrino e un accento strascicato da bad boy che apriti cielo!
Non è un caso che ho iniziato un rewatch di Prison Break dalla prima, gloriosa stagione.



Per la gioia dei maschietti, prossimamente farò un post con le attrici gnocche delle serie tv! si accettano suggerimenti!!!

Ph Credits: Google
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martedì 3 gennaio 2017

Quantico... quando l'FBI provoca mal di testa!




Le feste natalizie, si sa, invitano all’ozio; con il buio e il freddo chiusi fuori dalla porta, non c’è nulla di meglio di una serata passata accoccolati sul divano, sotto una copertina, con una bella serie tv.
Io e lui abbiamo approfittato di una di queste occasioni per un binge-watching di Quantico, seconda stagione, prima midseason, che avevamo lasciato in sospeso dopo esserci divorati la prima stagione nell’estate.

Quantico, una serie che vi consiglio caldamente se amate i telefilm ad alto tasso di mal di testa! Tanti, forse troppi personaggi, una trama sì avvincente e ricca di colpi di scena, ma altrettanto caotica, confusa e spesso disorientante, che vi faranno esclamare più di una volta “Ma cosa sta succedendo?”.
E se nella prima stagione avevo subito adocchiato il principale sospettato, nella seconda nemmeno i miei sensi di ragno (che non ho …) riescono a districarsi tra nemici che sono amici, amici che sono nemici, amici che sono nemici e poi di nuovo amici … scusate, ho di nuovo mal di testa …

Al centro delle vicende c’è Alex Parrish, recluta dell’FBI a Quantico, interpretata dalla bellissima Priyanka Chopra, Miss Mondo 2000, che rimane coinvolta nell’esplosione alla Grand Central Station a New York, ma ne esce miracolosamente illesa; viene però accusata di essere la terrorista e diventa l’oggetto di una gigantesca caccia all’uomo che coinvolge anche i suoi ex compagni di addestramento. Alex dovrà non solo scagionare se stessa, ma anche trovare il vero terrorista, che scopriremo essere un membro dell’FBI.
Come se ciò non fosse già abbastanza complicato, la trama è divisa in due storyline distinte ma allo stesso tempo intrecciate: una è quella del presente e dell’attentato, la seconda invece è un flashback nel passato durante l’addestramento a Quantico, nel quale viene svelata, episodio dopo episodio, la genesi dei rapporti interpersonali che si vedono nel presente.
Nella seconda stagione troviamo uno schema analogo, con Alex questa volta recluta della CIA nel passato e unica in grado di sventare di nuovo un attacco terroristico nel presente.
Inutile dire che tutti, tranne Alex, fanno il doppio gioco, triplo gioco, quadruplo, quintuplo, e non è mai possibile dire con esattezza se un personaggio è amico di Alex oppure nemico, se sia una spia o se sia a sua volta spiato; non si può mai essere sicuri di nulla. Ogni dettaglio potrebbe essere rivelatore di qualcosa che magari poi si scopre non avere importanza ai fini ultimi delle vicende; ogni parola, frase o gesto deve essere tenuta in considerazione. Inoltre tutti nascondono dei segreti nel loro passato, tutti hanno qualcosa che non vogliono far sapere agli altri, e che li rende potenzialmente sospetti.
Insomma, un gran casino!

Però, mal di testa a parte, Quantico è un’ottima serie, ben girata e ben recitata, anche se forse, per quel che mi riguarda, pecca un po’ di eccesso di patinatura: i protagonisti sono tutti bellissimi, con fisici da modelli, sempre ben pettinati e truccati; nessuno ha mai un capello fuori posto, il trucco sbavato o gli abiti impolverati; insomma sembrano sempre appena usciti dalla copertina di Vogue, anche dopo una corsa di dodici chilometri.
I personaggi però sono ben caratterizzati e ben raccontati, ognuno con le proprie abitudini e manie che vengono piano piano svelate nel corso degli episodi.
Come ho già detto prima, la trama, seppur caotica, è avvincente e ricca di colpi di scena (forse pure troppi!) anche se ogni tanto perde di mordente e i collegamenti tra le vicende dei protagonisti sono al limite dell’incredibile; lo si nota soprattutto sulla lunga distanza, ovvero nella seconda midseason della prima stagione, e questo mi convince sempre di più della migliore qualità di serie più brevi, composte solo da una decina di episodi invece che dei canonici 22.
La seconda stagione, della quale si è appena conclusa la prima parte, è addirittura più contorta e complessa della prima, con continui cambi di fronte tra amici e nemici che non fanno altro che rendere il tutto incerto; vedremo come gli sceneggiatori hanno intenzione di districare gli eventi negli episodi a venire.

Voto: 7.5.  

Ph. Credits: Web
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