giovedì 3 settembre 2015

Pustertal

Scalare è bello, ma a volte si ha bisogno di vivere la montagna in modo meno adrenalinico. O almeno io ne sento il bisogno, soprattutto nei periodi di massimo stress e stanchezza, quando la mia testa se ne va per i fatti suoi e non ho abbastanza concentrazione; per questo motivo anche quest’anno decido di programmare qualche giorno di ferie in giro per le Alpi, con Miriam, amica e compagna di camminate.
L’anno scorso siamo state in Val Veny, alle pendici del Monte Bianco; quest’anno Miriam esprime il desiderio di andare in Dolomiti, proposta che accolgo con entusiasmo, visto che nemmeno io conosco bene quelle zone. In breve decidiamo che il “campo base” sarà Brunico, stabiliamo il periodo, la seconda settimana di agosto, e in breve troviamo anche un alberghetto. Detto fatto. Ora non resta che attendere l’8 di agosto, provando a progettare in anticipo qualche escursione.
È da parecchio che ho in testa di vedere le Tre Cime di Lavaredo, ma non mi fido ad affrontare la ferrata delle Scalette, anche se mi piacerebbe tanto, e non conoscendo la zona chiedo info sul forum.
Mi viene caldamente sconsigliato il giro delle Tre Cime, perché molto affollato e perché “da sotto” non si vede nulla. Mi consigliano, invece, di raggiungerle dalla Val Fiscalina e Val Campodidentro.
Trovo recensito un bel percorso che dal rifugio Tre Scarperi porta al Rifugio Locatelli. Forse è un po’ impegnativo (1000 m di dislivello), ma viene recensito come E, quindi, lancio il cuore oltre l’ostacolo, e lo reputo approcciabile. Il resto lo decideremo in loco.
Le ultime settimane prima della partenza sono una tortura: caldo torrido, lavoro pressante, stanchezza accumulata che si fa sentire sempre di più. Al 20 luglio sono già sui gomiti: non mi sembra possibile che l’8 di agosto arriverà.
E invece arriva, e ovviamente il meteo, caldo, soleggiato e afoso per tutto il mese precedente, decide di complicarci la vita e prevede temporali per tutto il fine settimana.
Ce ne faremo una ragione, anche perché non possiamo fare diversamente. Optiamo su una partenza morbida, alle 9.00 da Varese, orario che mi lascia perplessa ma al quale acconsento; siamo in ferie, dopo tutto, niente stress. Deve aver avuto la stessa idea anche qualche altro migliaio di vacanzieri, tant’è che appena imboccata la Modena – Brennero ci troviamo ferme in coda con previsioni di percorrenza a passo d’uomo fino a Trento. Troppo! Usciamo e proseguiamo su strada normale. Ci impiegheremo la bellezza di sei ore per arrivare a Vipiteno, e nel frattempo il meteo decide di rispettare le previsioni e in breve si rannuvola.
Tra me e Miriam, dall’anno scorso, c’è un piccolo gioco, il gioco dei confini: l’estate scorsa abbiamo valicato insieme in escursione il confine tra Italia e Francia. Lo scorso giugno, sempre su un sentiero, quello tra Italia e Svizzera. Nella programmazione del viaggio abbiamo deciso di valicare anche il confine con l’Austria e di visitare Innsbruck proprio quel pomeriggio. Purtroppo non ci è possibile valicarlo a piedi, ma ci accontentiamo.
Peccato solo per la pioggia, che inizia a scendere copiosa non appena entriamo in territorio austriaco e che ci rovina in parte la visita alla città, ma non la cena tipica, che consumiamo in un localino del centro storico, su tavolini all’aperto in una viuzza deliziosa.
Rientrate in Italia, andiamo a dormire augurandoci che l’indomani il tempo sia migliore.
Ci svegliamo sotto un cielo incerto: molte nubi minacciose intervallate da sprazzi di sereno. Non c’è molto margine per una escursione lunga: il rischio di pioggia è davvero alto e ci tocca trovare un’alternativa. Vicino a Brunico c’è Campo Tures; a Campo Tures c’è un castello (macondirondirondello …); alla parola “castello” i miei occhi di nerd, fantasy-dipendente, appassionata di medioevo, si illuminano d’immenso: UN CASTELLO!!! Credo di aver guardato Miriam con sguardo degno del miglior Gatto con gli Stivali, e quindi Castel Taufers sia! In effetti il castello è una meraviglia, perfettamente conservato e arredato. Peccato solo per alcuni visitatori un po’ troppo molesti che hanno infastidito la visita guidata.
Nel frattempo il meteo migliora ed esce anche uno splendido sole. Scopriamo, non mi ricordo nemmeno bene come, che da Campo Tures parte un sentiero che porta alle tre cascate del Rio Riva (Valle Aurina); del resto siamo venute in vacanza per camminare, quindi gambe in spalla e alè!
L’inizio del percorso è su strada sterrata, del tutto pianeggiante, in mezzo ai campi, dalla quale si gode di una vista di Campo Tures e Castel Taufers degna di una cartolina (la mia reflex ringrazia!); via via che ci si avvicina alle cascate il sentiero si addentra nel bosco e inizia a salire, anche se è davvero poco impegnativa. Non chiedetemi il numero del sentiero perché davvero non lo ricordo. So solo che si trovano già indicazioni nella piazza centrale di Campo Tures, quindi è facile.
La prima cascata sbuca da una specie di grotta, bassa ma impetuosa, si fa portare rispetto. Dopo il rito delle foto con cascata alle spalle proseguiamo lungo il sentiero in salita, lungo il quale, quasi come stazioni di una via crucis, si incontrano delle cappellette dedicate al Cantico delle Creature. Molto suggestiva quella dedicata al Fuoco, dove l’area è disseminata di piccoli e grandi ometti, cumuli di pietre impilati, sasso dopo sasso, a testimonianza di chi, per volontà o per caso, è passato di lì.
Raggiungiamo la seconda cascata, alta ed imponente, quando ormai il cielo si è fatto plumbeo. Nemmeno il tempo di chiederci cosa fare che si mette a piovere. Non ci resta che girare i tacchi e tornare alla macchina.
Giorno 3 di vacanza. Finalmente il sole splende in un cielo terso azzurro cobalto, attraversato solo da alcune bianche e soffici nuvole innocue che ne esaltano la perfezione. Oggi trekking! Destinazione Plan de Corones, dove finalmente potrò collaudare i miei nuovi bastoncini rigorosamente Decathlon. Facciamo le pigre e saliamo con l’ovetto. Che sensazione strana prendere un ovetto in estate, senza snowboard, senza code, senza la ressa delle domeniche sulla neve.
Saliamo fino in vetta, dove ci attende la campana della Concordia (mah …) e uno spettacolare panorama che spazia su molte vette dolomitiche, dal Sassolungo al Sass Putia, al Lagazuoi, fino a scorgere la Marmolada in lontananza, purtroppo velata da una lieve foschia.
Dopo le foto di rito approcciamo l’itinerario detto “Gran Tour”, un giro ad anello che corre poco sotto la cima, lungo i sentieri 1 e 3. L’idea è di chiudere il giro e prendere il percorso di discesa verso Riscone, sentieri 8-7-4. Purtroppo la cartina che abbiamo (recuperata in albergo la sera prima) è decisamente poco chiara e molto approssimativa, e in breve perdiamo l’orientamento. Crediamo di aver fatto quasi il giro completo, e prendiamo un sentiero di discesa in quel punto male indicato. Dopo una ventina di minuti di cammino troviamo delle indicazioni più chiare, e mi rendo conto che non si tratta del sentiero che dobbiamo prendere noi, ma quello che scende esattamente sul versante opposto. Damn!! Dobbiamo risalire. Puntiamo alla vetta così ci sarà più facile trovare il sentiero corretto, che in effetti risulta molto ben indicato. Ci impieghiamo circa 4 ore per raggiungere la partenza degli ovetti, lungo un percorso a dir poco incantevole, lievemente più impegnativo ed esposto nella parte iniziale, si addentra poi nel bosco diventando più facile; costeggia il lago di Hirsch, di una straordinaria bellezza, per raggiungere poi un boschetto di conifere che sembra uscito da una delle migliori storie di fate ed elfi: ci godiamo l’escursione fermandoci spesso per fotografare il paesaggio, con molta calma e la mente finalmente libera e leggera. Una giornata fantastica non poteva che concludersi con del buon cibo e, raggiunto Riscone ormai all’ora perfetta, troviamo, proprio alla fine del sentiero, un ristorante molto carino e ben recensito, dove consumiamo una cena golosa accompagnata da abbondanti birre tirolesi.
Martedì, altro giorno di splendido sole. Siamo ancora un po’ stanche da ieri, quindi optiamo per quello che dovrebbe essere un rilassante giro in bici lungo la pista ciclabile detta Pusterbike, che da Rio di Pusteria porta a San Candido, lungo il torrente Rienza.
Noleggiamo le Biciclette a Brunico e prendiamo la direzione verso Rio di Pusteria. Il percorso è assolutamente incantevole e nemmeno troppo impegnativo. Le salite si alternano alle discese ma per la maggior parte si pedala in piano, tra paesini che paiono dipinti e prati di un verde che fa male agli occhi. Arriviamo fino a Valdoies e poi decidiamo di tornare indietro: volevamo un giro rilassante e abbiamo fatto quasi 40 chilometri tra andata e ritorno. Pausa gelato quando riportiamo le bici al noleggio e poi via verso il lago di Braies, un incantevole lago alpino, uno specchio d’acqua di rara bellezza, diventato famoso per una fiction con Terence Hill, e quindi invaso di turisti. Fatico a fare foto senza che qualcuno mi passi davanti. Impreco un po’ e mi innervosisco, ma alla fine qualche bello scatto lo riesco a fare lo stesso verso il tramonto, con le cime illuminate dai caldi raggi del sole morente e la superficie del lago solcata dalle ultime barche e da un SUP.
Giorno 5, ultimo giorno effettivo di vacanza. Domani dovremo ripartire, quindi non potremo fare nulla di lungo e impegnativo. Rimane solo oggi per l’escursione programmata verso il rifugio Locatelli, verso le Tre Cime di Lavaredo. Fin dal mattino sono carica, l’escursione è impegnativa ma sono sicura che ce la faremo. Alla fine il percorso è soltanto E, possiamo farcela.
Ci svegliamo presto, colazione presto, anche se il dubbio che non sia così presto mi rimane. Va beh, poco male, le giornate sono ancora lunghe, fino alle 21 c’è luce.
Prendiamo l’auto e ci dirigiamo verso San Candido, ma troviamo coda e perdiamo tempo, quindi arriviamo al parcheggio che la sbarra è già chiusa: per arrivare al parcheggio alto del rifugio Tre Scarperi, punto di partenza dell’escursione dobbiamo prendere la navetta. Arriviamo al parcheggio alto (quota 1500 m) e da lì inizia il sentiero per il Tre Scarperi, che raggiungiamo in circa 15 minuti. Adesso inizia l’escursione vera e propria (quota 1626 m), a sinistra la Punta dei Tre Scarperi, a destra i Baranci, dritto davanti a noi il monte Mattina. Proseguiamo su un sentiero abbastanza pianeggiante, attraversando il letto asciutto di un torrente e seguendo il segnavia 105 lasciamo sulla destra l’indicazione per il Passo Grande del Rondoi, e proseguiamo a sinistra. Ecco che il sentiero inizia a salire ripido, tra pini mughi, larici e grandi massi di calcare candido. In poco tempo guadagniamo molta quota e la vegetazione si fa sempre più rada. Ci voltiamo e il fondovalle ci appare lontanissimo. Vedo che Miriam accusa molto la salita anche se stiamo salendo piano, ma non mi preoccupo, abbiamo ancora tempo. Superiamo il guado di un piccolo torrente e proseguiamo non senza un po’ di fatica. Il paesaggio si fa sempre più brullo, quasi lunare, fa molto caldo ma non lo sto patendo, il sole è forte, come il suo riverbero sulla roccia bianca. Dovremmo essere a circa 2000 m, se non di più. Proseguiamo ancora un tratto sul ghiaione, il sentiero che si snoda serpeggiando tra massi e sfasciumi. A un tratto alla nostra destra appare una montagna particolarissima che si staglia contro il cielo azzurro con le sue guglie, quasi una mano che emerge dal ghiaione sottostante: è la Torre dei Scarperi, alta, solitaria, imponente. Devo ammettere che il panorama non ha la bellezza canonica di un paesaggio alpino, accogliente come il bosco attraversato scendendo da Plan de Corones. Qui la bellezza è spaventosa, austera, quasi ostile per l’uomo: è tutto arido, roccioso, franoso, quasi a voler respingere ogni forma di vita.
Abbiamo percorso l’ultimo tratto davvero lentamente, troppo lentamente. Miriam sta male, cerco di trainarla ancora un po’, ma non ce la fa. Inoltre inizia a preoccuparsi di perdere la navetta per tornare alla macchina, navetta che io avevo già messo in conto di perdere, anche se non glielo avevo detto per non spaventarla. Subito mi dice “vai avanti tu”, ma non è il caso. Non la voglio lasciare da sola, e comunque non si risolverebbe la situazione: la navetta la perderemmo lo stesso. Abbandoniamo l’impresa e torniamo indietro. Inutile dire che io sono arrabbiatissima, ovviamente con me stessa per aver sottovalutato la salita e sopravvalutato le nostre capacità, ma tant’è.
La discesa è un po’ più veloce e in un paio d’ore scarse siamo al parcheggio alto. Miriam decide che vuole comunque farmi contenta e, presa l’auto, ci dirigiamo verso Misurina e, da lì, al rifugio Auronzo, dove, vista l’ora, ci fermeremo a cena.
Le Tre Cime le vedrò lo stesso, anche se non come avrei voluto. Pazienza, mi resta un obiettivo da raggiungere!
Giorno 6, giorno di partenza. Oggi però dobbiamo per forza riposare. Lasciamo l’albergo e ci dirigiamo verso la piscina di Riscone. Miriam ne approfitta per fare qualche vasca, io per fare la lucertola sotto al sole. Alle 14 decidiamo che è ora di partire, non dopo essere rimaste di nuovo perplesse sull’offerta culinaria tirolese: non si trova una foglia di insalata nemmeno a pregare. L’unica pseudo-verdura che trovo sono delle patatine fritte.
Appena rimesse le ruote sulla A4 mi volto verso le montagne, verso quella dimensione verticale dove davvero mi sento a casa.
Chissà se l’anno prossimo varcheremo l’ultimo confine rimasto …
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