Seconda domenica
consecutiva con Gabry a Maccagno. È già passato mezzogiorno anche se siamo
appena arrivati. In realtà nemmeno avremmo dovuto essere qui, perché il
programma prevedeva Sangiano, ma oggi la strada ci ha fatto brutti scherzi: ci
siamo persi l’incrocio dove svoltare e abbiamo involontariamente proseguito ben
oltre Laveno. A quel punto tanto valeva arrivare fino a qua.

Osservo dal basso la
fila dei chiodi … Sembra lunghissima … Anche se poi, a contarli bene, sono solo
sei e la catena.
È cresciuta molta erba
nelle fessure tra i mattoni, tanto che quasi non si vedono gli appigli buoni.
Niente panico, non devo
trovare scuse, oggi me la sento!
Infilo le scarpette da
prestazione, che con questi primi caldi fanno male come se le avessi comprate
da pochi giorni, e sono pronta a partire. Mi volto verso il socio, “Vado …”
annuncio come al solito, una mia piccola, innocua abitudine.
Inizio a salire, ma
dopo pochi movimenti lo sporco sotto le mani mi tradisce, perdo la presa, provo
a ravanare un po’ nel disperato tentativo di rimanere attaccata e nel mentre
urlo “Cado! Cado!!”. Tutto inutile: oltre all’appiglio perdo anche la posizione
d’equilibrio e scivolo giù come un sacco di patate. Non ho ancora agganciato il
primo rinvio, ma per fortuna Gabry è attentissimo e mi afferra al volo, impedendomi
di precipitare rovinosamente in terra.
Va bene … ricominciamo
… con un po’ più di concentrazione.
Salgo e finalmente
rinvio il primo chiodo, tiro un sospiro: a terra non ci arrivo più se cado. Anche
Gabry si rilassa un po’, non dovendo più fare attenzione a pararmi per
impedirmi di farmi male, ma può tornare in “modalità sicura standard” …
Continuo a salire … fischiettando
…
Ricordo benissimo
questa via: continua e implacabilmente verticale, nessun riposo, si sale sempre
in punta di scarpette, e i piedi si distruggono!
Non trovo grosse
difficoltà ad arrivare al secondo chiodo e superarlo. Scalo fino al terzo
rinvio, lo aggancio e poi devo farmi bloccare. Devo riposare un po’, anche la
testa. Alzo gli occhi verso il successivo fittone … oddio, è lontanissimo …
Niente panico, osservo
gli appigli e studio la linea da seguire, con calma … un respiro profondo,
prendo magnesite e riparto … Uno, due, tre, quattro movimenti e sono al chiodo;
prendo un rinvio; lo aggancio; passo la corda e … BLOCCA!!
Ok, fino a qui ci sono!
Devo evitare di lasciare partire la testa, devo mantenermi concentrata. Alzo lo
sguardo, verso il quinto, che sembra allontanarsi sempre più … so di essere
arrivata al pezzo topico della via, so di essere nel punto propriamente di 6a.
Osservo il muro, osservo gli appigli. Comincio ad avere un po’ di apprensione.
Ha ragione il socio: io penso troppo! Devo salire più “a ignoranza” senza farmi
troppe domande, se no la testa mi gioca brutti scherzi. Se penso troppo a
quello che faccio, il mio cervello inevitabilmente mi chiede: “che cosa stai
facendo?” e subito dopo “torna giù!”.
Dai, proviamo a tirare
anche questo pezzo, ad arrivare al quinto chiodo.
Provo a ripartire …
BLOCCA! I piedi non rispondono come vorrei, non li sento sicuri per niente.
Riprovo … mi appendo di nuovo … ecchecazz … dai Laura che ce la fai! Riparto.
Con fatica, molta, arrivo al quinto fittone e lo rinvio!
BLOCCA!! I piedi mi
stanno uccidendo! Non ho più sensibilità, nemmeno sulle tacche migliori! Guardo
il sesto chiodo, e poi la catena … sono lì, a portata di pochi movimenti,
eppure mi sembrano così lontani …
Sento i miei piedi
urlare dentro le scarpette improvvisamente troppo strette …
Però ci voglio provare,
ci devo provare. Comincio a fare un passo, un movimento, ma non riesco a
fidarmi. La testa comincia a mollare, i piedi hanno abbandonato già da un po’.
Riprovo, senza troppa convinzione in realtà. Niente, non salgo. Credo di aver
chiesto abbastanza a me stessa per il momento.
Guardo giù verso Gabry
… “La vuoi fare tu?”.
è doveroso sottolineare che la foto a corredo del post non l'ho scattata io ma il buon Teo, socio e compagno di molte aventure più volte citato in questo stesso blog...
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