mercoledì 26 febbraio 2014

Monterosa Snowboard



Domenica 23 febbraio.
Dopo il corso di snowboard e un intenso weekend a Bardonecchia, mi sento pronta per provare a lasciare la confort zone e affrontare una gita dello sci club. La meta prevista è Gressoney, luogo del mio primo incontro/scontro con la tavola.
I soci del corso sono più propensi ad aggregarsi il sabato al corso avanzato di sci e tornare a Champorcher, con l’idea, magari, di fare ancora qualche ora di lezione con Sandro.
Io no. Dopo aver goduto delle piste del comprensorio di Bardonecchia, l’idea di rimettere la tavola sulle quattro discese di Champorcher non mi aggrada. Ho voglia di esplorare posti nuovi, altri pendii, differenti montagne. L’idea di essere completamente sola e senza altri tavolari, però, non mi aggrada più di tanto e, sapendo che Gabriele è tutti i weekend sulle piste del comprensorio con i suoi zii, gli dico che andrò lì, e ci accordiamo per trovarci a Stafal, con l’idea, mia, di poter fare un paio di discese insieme, idea che si rivelerà, purtroppo, del tutto errata.
tramite il gruppo su Whatsapp, vengo a sapere che impedimenti e defezioni dell’ultimo minuto fanno saltare la gita di sabato ai soci del corso, e sempre tramite lo stesso gruppo (santi messaggi gratuiti!) io rendo noto alla truppa che ho un posto per la gita. Maria Grazia, l’altra donna del gruppo “wannabe tavolari”, decide di aggiungersi all’ultimo momento per una surfata tra donne, visto anche il meteo particolarmente favorevole.
Evviva!!
Ed eccoci domenica mattina ore 7,00 in partenza, assonnate ma con tanta voglia di neve. Le previsioni, incredibilmente, non si sono sbagliate: il cielo è terso, non fa troppo freddo, si prospetta una giornata incantevole.
Peccato che a farmi iniziare male la giornata ci pensi il mio stomaco, che poco sopporta gli oltre 40 km di curve dall’uscita di Donnas a Stafal: sto male! Anzi, sto malissimo! Mi vedo, mio malgrado, costretta a far fermare il bus a pochi chilometri da Gressoney per scendere a prendere due respiri di aria fresca, onde evitare di rimettere tutta la colazione.
Seduta accanto all’autista riesco, per fortuna, a non far fermare ancora il convoglio, che arriva al parcheggio abbastanza in orario, nonostante un po’ di coda dovuta alla tanta gente e al fondo stradale non proprio pulitissimo. Quando arriviamo a Stafal chiamo Gabriele, che mi dice di essere in una coda infernale ad Alagna, in attesa di salire sull’ovovia: l’idea originale era che loro sarebbero saliti da Alagna fino al Passo dei Salati e da lì scesi lungo il versante di Gressoney, raggiungendoci. Avrebbero magari potuto prevederlo che ci sarebbe stata tanta gente, vista la giornata spettacolare dopo un mese di brutto tempo, considerato che qui sono locals, ma va beh … decidiamo di trovarci a metà strada, raggiungendo io e Maria Grazia il Passo dei Salati, che con i suoi 2971 m, gode di una vista spettacolare, che in una giornata così tersa e luminosa è davvero pazzesca.
Il mio stomaco però non si è dimenticato del tragitto in pullman, ed è ancora un po’ in subbuglio; sento il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Approfittando del fatto che i due ancora non sono arrivati, ci rechiamo al rifugio in cima al Passo e ci godiamo due bei panini cotto e fontina comodamente sedute al sole della terrazza. Sono appena le 10.30, ma va bene lo stesso! Tra un boccone e una foto al panorama penso che sono queste le cose che mi rimettono al mondo: neve, sole e due amiche in cima (… o quasi) ad una montagna.
Finalmente i due ci raggiungono e possiamo agganciare le tavole ai piedi. La prima pista che affrontiamo è la rossa “Salati”, niente meno che la rossa sulla quale Gabriele mi ha buttata la prima volta che ho messo la tavola. Rifacendola ora mi chiedo come ho fatto ad arrivare fino a giù un anno fa …
Arrivati a Gabiet, i due baldi giovani ci informano che per tornare a Stafal c’è un unico modo: fare un pezzettino di una rossa, e poi ad un bivio prendere a destra, altrimenti a Stafal non riusciamo più a tornare.
Quando arriviamo al bivio, però, un cartello urla a chiare lettere “PISTA PER SCIATORI ESPERTI”. Ci rendiamo improvvisamente conto che l’unica strada possibile è una pista nera, la pista “Moos”. Io e Maria Grazia ci guardiamo vagamente allarmate: l’unica cosa che ci eravamo ripromesse di fare era evitare le nere, perché non siamo ancora pronte per affrontare da sole simili difficoltà. Ma ormai lì siamo e da lì dobbiamo passare, quindi forza e coraggio! L’inizio è molto ripido e tortuoso, ma, facendo molta, ma molta attenzione, sui talloni scendiamo, piano piano. Superato faticosamente il tratto ripido, raggiungiamo una stradina stretta che costeggia l’alveo di un fiume, e quindi a bordo pista c’è un bel precipizio, non in tutti i punti protetto da reti. Quel precipizio non protetto mi mette ansia, parecchia, perché so di non riuscire a controllare molto bene la tavola dritta, avanzo lentamente e con molta calma, meditando bene quello che faccio, tanto che Maria Grazia mi distacca di un po’ di metri. Cerco di starmene il più possibile lontano dal bordo, venendo spesso ugualmente rimproverata dagli sciatori che mi superano lanciati. Non posso dare loro torto: io lì non dovrei esserci. A un tratto mi supera una ragazza con la tavola, evidentemente di poco più brava di me, seguita da uno sciatore che la aiuta a superare il tratto pianeggiante trainandola con la racchetta. Poco dopo avermi superato, però, la ragazza perde il controllo della tavola e rischia seriamente di finire nel burrone, se non fosse stato per lo sciatore che la afferra al volo per la vita e la trascina indietro. Finiscono entrambi gambe all’aria con un urlo spaventato della ragazza. Io che non sono esattamente un cuor di leone, anzi decisamente più un cuor di coniglio, mi prendo piuttosto male e rallento ulteriormente, pensando che no, quella pista non avrei dovuto nemmeno pensare di approcciarla. Finalmente torna a farsi un po’ più agevole in quanto a larghezza, ma molto ripida prima dell’arrivo a Stafal, e di nuovo per me e la socia, molto impegnativa. Mi rendo conto solo in quel momento che, dopo il muro iniziale, ho perso di vista completamente Gabriele e Massimo, che immaginavo di trovare alla fine della pista, ma dall’alto dell’ultimo muro non li riesco ad individuare. In realtà, passato il pezzo ripido, hanno probabilmente pensato che per noi le difficoltà fossero finite, e così ci hanno abbandonato lì sulla nera, senza neppure degnarsi di aspettarci alla fine della pista per verificare che fossimo riuscite ad arrivare tutte intere. Che gentiluomini! E, anzi a dirla tutta non li rivedremo più per tutta la giornata, ritrovandoli solo quando per noi è ora di tornare al pullman. Va beh …
Ma io e Maria Grazia non ci perdiamo certo d’animo, che, alla fine, senza uomini si sta anche meglio. Saliamo con la funivia fino a Sant’Anna e poi in seggiovia fino al Colle Bettaforca. E da lì iniziamo a macinare piste su e giù per i due versanti, quello verso Gressoney e quello verso Champoluc, fino a quando esauriamo le forze. Quello verso Gressoney ci piace molto di più, tanto che faremo più di una ripetuta del pistone Betta, una bella rossa molto larga e varia, con alcuni tratti più impegnativi ed altri decisamente più rilassanti.
Ci costringiamo a curvare, curvare, curvare ancora, per prendere sempre più confidenza con la tavola e la velocità, a volte riuscendo a fare bene per dei bei tratti di pista lunghi, a volte cadendo ripetutamente, per quanto mi riguarda, in pieno Gatto Silvestro Style …
Ci fermiamo verso l’una il tempo di mangiare un pezzetto di dolce, in un bar piuttosto affollato: abbiamo bisogno di recuperare forze e sensibilità nei piedi, per poi lanciarci giù ancora, a macinare neve e chilometri. A fine giornata ne avremo fatti oltre 30, tutti su piste rosse (più la nera). Non male per due semi principianti! E infatti a fine giornata non me la sento di fare il rientro verso il parcheggio, una rossa con una stradina stretta, che mi ricorda troppo la “Moos”. Mi impunto per scendere con la funivia: sono stanca e non riesco più a controllare la tavola, mi sono divertita e non mi va di patire proprio l’ultima discesa.
Salite sul pullman ci accasciamo sfinite e doloranti sui sedili, tanto che uno degli organizzatori scherza sulle nostre facce poco meno che sconvolte. E infatti nel giro di pochi minuti ci addormentiamo, nonostante il notevole chiacchiericcio degli sciatori evidentemente ancora pieni di energie. Ma come faranno?


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