martedì 11 aprile 2017

Geralt before the witcher






Quanti di voi hanno giocato ai tre capitoli di The Witcher, serie di videogiochi sviluppati dal team polacco CD Project RED? In molti credo.
Ma quanti di voi sanno che i programmatori si sono ispirati alla saga dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski?
Ebbene sì, lo strigo Geralt di Rivia non nasce sulle tastiere dei programmatori, ma agli inizi degli anni 90 dalla penna di uno scrittore polacco, che ne fa il protagonista di una serie di due raccolte di racconti e sei romanzi.
Io ho letto le due raccolte di racconti, Il Guardiano degli Innocenti e La Spada del Destino, e di questi vi voglio parlare.
Partiamo da un presupposto: la serie dei videogiochi si ispira alla saga di Sapkowski, ma non ne ricalca le vicende, anzi cronologicamente si pone qualche anno dopo l’ultimo romanzo.
Le antologie di racconti invece rappresentano l’inizio della saga e cronologicamente il primo da leggere è Il Guardiano degli Innocenti, mentre gli eventi narrati ne La Spada del Destino sono successivi.


























I racconti sono tutti autoconclusivi e apparentemente scollegati, ma continuando nella lettura ci si rende conto che in realtà una macrostruttura è presente nei testi: Il Guardiano degli Innocenti serve a presentarci Geralt e il suo mondo, mentre La Spada del Destino approfondisce i legami che Geralt ha con gli altri personaggi ma soprattutto con quello che sembra essere il suo destino, una tematica questa che lo segue lungo tutti i racconti del secondo volume.
Ma andiamo con ordine: Geralt di Rivia è uno strigo, un umano modificato geneticamente per essere un potente cacciatore di mostri, che proprio facendo questo si guadagna da vivere. Attorno a lui si muovono altri personaggi quali il bardo Ranuncolo, la maga Yennefer, la piccola Cirilla di Cintra.
In questi due libri vengono poste le basi su cui poggiano i romanzi successivi: viene introdotto il mondo in cui si muove Geralt, un mondo fantasy piuttosto cupo, popolato non solo da esseri umani ma anche da altre razze (elfi, nani, sirene, ondine, driadi) e da una varietà di mostri più o meno aggressivi, che Geralt affronta in cambio di denaro; vengono presentati i personaggi che faranno parte della storia dello strigo e le tematiche sulle quali si baserà il racconto dei libri successivi.
In particolare capiamo che Geralt non è un mercenario senza scrupoli, ma segue il codice morale degli strighi e un codice d’onore tutto suo, che gli impediscono di uccidere indiscriminatamente per denaro, ma soltanto quei mostri che mettono a repentaglio la vita di altre persone, e che, se possibile, preferisce trovare una via alternativa, una soluzione dialettica.
La particolarità di Sapkowski è proprio quella di aver preso gli archetipi del fantasy e di averli rielaborati in un modo mai banale e scontato: Geralt non è l’eroe senza macchia e senza paura, ma nemmeno un assassino spietato, è un uomo come tutti, con i suoi dubbi, le sue incertezze e sentimenti, si aggrappa saldamente alla sua morale e a una buona dose di cinismo per poter sopravvivere in un mondo dove non esistono il bianco e il nero ma solo sfumature di grigio; non esiste il giusto e sbagliato, il colpevole o l’innocente, ma situazioni che stanno nel mezzo e con le quali bisogna scendere a patti. Tutti quanti, che si tratti di uno strigo o di un bardo, di una maga o di un principe
L’autore affronta nei vari racconti grandi tematiche sulle quali gli uomini sono portati, come sempre, ad interrogarsi, quali il destino, l’etica, il razzismo e la convivenza con il diverso, i sentimenti e i sacrifici che si possono fare per amore, ma sempre con lo sguardo disincantato di Geralt che vorrebbe piegare la realtà alla ragione, ma che alla fine capisce che esistono cose che non possono essere combattute ma soprattutto sconfitte, ma soprattutto che non c’è sempre una soluzione, ma spesso bisogna trovare un compromesso.

Lo stile di Sapkowski è particolare: dimenticatevi Jordan o Tolkien con le loro lunghe e particolareggiate descrizioni; Sapkowski lascia molto all'immaginazione del lettore senza soffermarsi troppo sui dettagli, la scrittura è semplice e fluida, a volte forse persino troppo, soprattutto ne Il Guardiano degli Innocenti, mentre La Spada del Destino si rivela un testo più maturo del precedente.
Entrambi sono molto verbosi: i personaggi parlano, parlano, parlano tanto tra loro e quasi tutto viene spiegato attraverso i dialoghi. A me questo uso dell'infodump non disturba più di tanto, ma c’è ovviamente chi non lo apprezzerà.
Si tratta di un fantasy cupo, nordico, privo di fronzoli che per questo non va incontro ai gusti di tutti; ma c’è anche da dire che le due raccolte di racconti aprono la strada alla saga di cinque libri ben più corposi.
Sicuramente piaceranno molto ai gamers appassionati della serie, ma credo che possano rivelarsi una lettura interessante per molti amanti del genere fantasy.
Io l’ho trovato piacevole, e sicuramente leggerò anche i romanzi.

Voto 7,5

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