Venerdì 26 aprile
A quanto pare i
meteorologi hanno indovinato: ci svegliamo sotto un cielo plumbeo, denso di
nubi grigie e minacciose. Vista la temperatura comunque accettabile e la
momentanea assenza di pioggia,decidiamo di tentare la sorte e provare a scalare
ugualmente. Del resto quali alternative abbiamo?
Fabio e Luca, detentori
della guida, propongono una falesia nelle Valli Giudicarie chiamata “Croz de le
Niere”, località Preore, a circa un’ora di auto da Arco.
Dobbiamo dirigerci
verso Trento, lasciandoci il lago alle spalle, e poi verso il Campiglio,
addentrandoci nelle Valli. Oggi guida Luca, quindi posso godermi il panorama
lungo il tragitto
Via via che ci
allontaniamo da Arco le pareti di calcare, bianche o grigie, coperte qua e là
di vegetazione di un intenso color smeraldo, cominciano ad incombere sempre più
sulla strada, facendosi imponenti e quasi minacciose. Il paesaggio ha un che di
grandioso e terribile al tempo stesso: immensi muri di roccia alti quasi mille
metri fiancheggiano la strada senza soluzione di continuità, così giganteschi
che lo sguardo non riesce ad abbracciarne tutta l’ampiezza; quando realizzo che
quelle venature smeraldine, che ad una prima occhiata paiono declivi di soffice
erbetta, sono in realtà fitti boschi di alberi, mi sento più minuscola di una
formica accanto ad un elefante, e altrettanto insignificante di fronte a così
tanta immensità. Non riesco a smettere di guardare, bevo con gli occhi il
paesaggio come un assetato l’acqua fresca di un ruscello, quasi fosse un
miraggio che temo scompaia se mi volto o se solo sbatto le palpebre.
Credo che le medesime
sensazioni le provino i miei compagni di viaggio, perché in auto tutti tacciono,
solo l’autoradio ha l’ardire di spezzare il silenzio.
Menzione speciale
merita una di queste pareti denominata Placche Zebrate, o meglio, la menzione
speciale va al Bar Paninoteca Parete Zebrata, dove facciamo una breve sosta per
la colazione, non tanto per le sue, per quanto ottime, brioches, ma per le
ragazze al bancone, le quali hanno involontariamente provocato un repentino
risveglio ormonale nei miei tre soci. Del resto si sa, siamo in primavera …
Richiamati i soci nei
ranghi, riprendiamo la strada verso la falesia, che raggiungiamo senza troppi
problemi. Noto con immenso piacere l’avvicinamento nullo (si fa quasi sicura
dall’auto!) e una zona attrezzata per pic-nic con un gazebo in legno (che
ancora non sappiamo quanto ci tornerà utile nella mattinata).
La falesia ha più
settori; quello più basso e a ridosso della strada, denominato La Formica, è
quello con il maggior numero di tiri semplici. Cominceremo da qui.
Osservo la roccia: un calcare
nero, molto compatto, dove gli appigli non sono mai buchetti o spaccature, ma
tacche abbastanza geometriche da tirare di dita o pinzare. Il grip non è
ottimale, meglio non pensare di spalmare i piedi e cercare sempre un appoggino,
per quanto minuscolo. Mi ricorda molto il calcare della falesia Telematica a Castelbianco
(SV). Non mi convince e infatti non mi sbaglio: già sul primo tiro, “Cavalcando
l’asino”, un 4c che approccio da 1, iniziano le grane. A metà via non mi fido a
fare un lancetto verso quella che sembra una zanca buona: per due volte arrivo
fino a lì, per due volte mi faccio calare sul rinvio. La testa oggi non c’è, i
piedi neppure, tanto che ho dovuto rinunciare alle Scarpa, che oggi fanno
troppo male, a favore delle vecchie e sfondate Wild Climb. Se mai avessi avuto
qualche velleità di scalare da 1, oggi è già decisamente passata!
La pioggia prova a
rovinarci la mattinata: per due volte ci sorprendono degli acquazzoni, tanto da
doverci rifugiare sotto al gazebo in legno. Ma nonostante le bordate
meteorologiche non demordiamo, e appena spiove ci riappropriamo della falesia.
La nostra perseveranza
verrà premiata, tanto che non solo non pioverà più nel corso della giornata ma,
a sprazzi, farà anche capolino un timidissimo sole.
La falesia, invece, non
ci premierà affatto. Dopo quel tentativo sulla via dell’Asino, che non riprovo
assolutamente da 2 e che Teo invece chiude senza problemi da 1, facciamo da
contrappesi a Fabio e Luca che salgono l’uno su un quinto, “Sali o Scendi”,
l’altro sull’Asino e che provano a concatenare con due secondi tiri, non senza
qualche difficoltà nell’intuire le linee più corrette da seguire.
Ci spostiamo quindi nel
settore Lavarda, dove io e Teo approcciamo “La via dei No Bo” un 4c gradato da
… Dario Argento! Un tiro allucinante, con una partenza durissima, una parte
centrale che abbiamo definito “avventurosa”, popolata da varie specie di flora
e fauna, e un finale dove la roccia cambia decisamente e si fa molto più liscia,
friabile e decisamente instabile. Teo sale da 1 tra notevoli difficoltà più che
condivisibili. Io salgo da 2, ma anche così fin dalla partenza mi mette
decisamente a dura prova.
Io e Teo ci guardiamo
esterrefatti: alla faccia del 4c!
Fabio e Luca intanto
provano “L’Equivoco” un 5c che ha nell’uscita da un tetto la sua parte più
complicata e fisica. Gli uomini trovano molto ingaggio e altrettanto
divertimento, io da 2 salgo fino al tetto, poi mi faccio calare.
Torniamo quindi al
settore Formica, dove io e Teo approcciamo un 5 che ancora non sappiamo bene se
sia “Green” 5a o “Via della Domenica” 5b. Sappiamo solo che è una via
terribilmente continua e stancante, e che nessuno di noi due arriva in catena,
ma ci blocchiamo ghisati all’incirca nello stesso punto. Fabio e Luca nel
frattempo si ingaggiano su “La riscossa del Codardo”, che pare avere un
passetto molto delicato a metà. Poi gli uomini salgono un altro quinto facile, mentre
io inizio a ritirare l’attrezzatura.
Ridendo e scherzando si
sono fatte le 19 ed è ora di rientrare.
Arriviamo ad Arco che sono
ormai le 20 passate, troppo tardi per andare a cena alla Speck Stube a
Malcesine, come avevamo pregustato per tutta la giornata, nonostante i lamenti
di Luca, vegetariano.
Ripieghiamo sul primo
ristorante che ispira fiducia a tutti quanti (del quale purtroppo non ricordo
il nome) e mai scelta avrebbe potuto essere così azzeccata! Ci rinfranchiamo
dopo le legnate della giornata con una sontuosa cena a base di carpaccio di
carne salada e spetzle per me, Teo e Fabio, e risotto al radicchio e Teroldego
seguito da un buon dolcino per Luca; il tutto innaffiato da generoso Nosiola.
Cosa c’è di meglio che
buon cibo e buon vino dopo una giornata di lotta alla roccia?
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