lunedì 13 maggio 2013

Arco, episode 2


Venerdì 26 aprile
A quanto pare i meteorologi hanno indovinato: ci svegliamo sotto un cielo plumbeo, denso di nubi grigie e minacciose. Vista la temperatura comunque accettabile e la momentanea assenza di pioggia,decidiamo di tentare la sorte e provare a scalare ugualmente. Del resto quali alternative abbiamo?
Fabio e Luca, detentori della guida, propongono una falesia nelle Valli Giudicarie chiamata “Croz de le Niere”, località Preore, a circa un’ora di auto da Arco.
Dobbiamo dirigerci verso Trento, lasciandoci il lago alle spalle, e poi verso il Campiglio, addentrandoci nelle Valli. Oggi guida Luca, quindi posso godermi il panorama lungo il tragitto
Via via che ci allontaniamo da Arco le pareti di calcare, bianche o grigie, coperte qua e là di vegetazione di un intenso color smeraldo, cominciano ad incombere sempre più sulla strada, facendosi imponenti e quasi minacciose. Il paesaggio ha un che di grandioso e terribile al tempo stesso: immensi muri di roccia alti quasi mille metri fiancheggiano la strada senza soluzione di continuità, così giganteschi che lo sguardo non riesce ad abbracciarne tutta l’ampiezza; quando realizzo che quelle venature smeraldine, che ad una prima occhiata paiono declivi di soffice erbetta, sono in realtà fitti boschi di alberi, mi sento più minuscola di una formica accanto ad un elefante, e altrettanto insignificante di fronte a così tanta immensità. Non riesco a smettere di guardare, bevo con gli occhi il paesaggio come un assetato l’acqua fresca di un ruscello, quasi fosse un miraggio che temo scompaia se mi volto o se solo sbatto le palpebre.
Credo che le medesime sensazioni le provino i miei compagni di viaggio, perché in auto tutti tacciono, solo l’autoradio ha l’ardire di spezzare il silenzio.
Menzione speciale merita una di queste pareti denominata Placche Zebrate, o meglio, la menzione speciale va al Bar Paninoteca Parete Zebrata, dove facciamo una breve sosta per la colazione, non tanto per le sue, per quanto ottime, brioches, ma per le ragazze al bancone, le quali hanno involontariamente provocato un repentino risveglio ormonale nei miei tre soci. Del resto si sa, siamo in primavera …
Richiamati i soci nei ranghi, riprendiamo la strada verso la falesia, che raggiungiamo senza troppi problemi. Noto con immenso piacere l’avvicinamento nullo (si fa quasi sicura dall’auto!) e una zona attrezzata per pic-nic con un gazebo in legno (che ancora non sappiamo quanto ci tornerà utile nella mattinata).
La falesia ha più settori; quello più basso e a ridosso della strada, denominato La Formica, è quello con il maggior numero di tiri semplici. Cominceremo da qui.
Osservo la roccia: un calcare nero, molto compatto, dove gli appigli non sono mai buchetti o spaccature, ma tacche abbastanza geometriche da tirare di dita o pinzare. Il grip non è ottimale, meglio non pensare di spalmare i piedi e cercare sempre un appoggino, per quanto minuscolo. Mi ricorda molto il calcare della falesia Telematica a Castelbianco (SV). Non mi convince e infatti non mi sbaglio: già sul primo tiro, “Cavalcando l’asino”, un 4c che approccio da 1, iniziano le grane. A metà via non mi fido a fare un lancetto verso quella che sembra una zanca buona: per due volte arrivo fino a lì, per due volte mi faccio calare sul rinvio. La testa oggi non c’è, i piedi neppure, tanto che ho dovuto rinunciare alle Scarpa, che oggi fanno troppo male, a favore delle vecchie e sfondate Wild Climb. Se mai avessi avuto qualche velleità di scalare da 1, oggi è già decisamente passata!
La pioggia prova a rovinarci la mattinata: per due volte ci sorprendono degli acquazzoni, tanto da doverci rifugiare sotto al gazebo in legno. Ma nonostante le bordate meteorologiche non demordiamo, e appena spiove ci riappropriamo della falesia.
La nostra perseveranza verrà premiata, tanto che non solo non pioverà più nel corso della giornata ma, a sprazzi, farà anche capolino un timidissimo sole.
La falesia, invece, non ci premierà affatto. Dopo quel tentativo sulla via dell’Asino, che non riprovo assolutamente da 2 e che Teo invece chiude senza problemi da 1, facciamo da contrappesi a Fabio e Luca che salgono l’uno su un quinto, “Sali o Scendi”, l’altro sull’Asino e che provano a concatenare con due secondi tiri, non senza qualche difficoltà nell’intuire le linee più corrette da seguire.
Ci spostiamo quindi nel settore Lavarda, dove io e Teo approcciamo “La via dei No Bo” un 4c gradato da … Dario Argento! Un tiro allucinante, con una partenza durissima, una parte centrale che abbiamo definito “avventurosa”, popolata da varie specie di flora e fauna, e un finale dove la roccia cambia decisamente e si fa molto più liscia, friabile e decisamente instabile. Teo sale da 1 tra notevoli difficoltà più che condivisibili. Io salgo da 2, ma anche così fin dalla partenza mi mette decisamente a dura prova.
Io e Teo ci guardiamo esterrefatti: alla faccia del 4c!
Fabio e Luca intanto provano “L’Equivoco” un 5c che ha nell’uscita da un tetto la sua parte più complicata e fisica. Gli uomini trovano molto ingaggio e altrettanto divertimento, io da 2 salgo fino al tetto, poi mi faccio calare.
Torniamo quindi al settore Formica, dove io e Teo approcciamo un 5 che ancora non sappiamo bene se sia “Green” 5a o “Via della Domenica” 5b. Sappiamo solo che è una via terribilmente continua e stancante, e che nessuno di noi due arriva in catena, ma ci blocchiamo ghisati all’incirca nello stesso punto. Fabio e Luca nel frattempo si ingaggiano su “La riscossa del Codardo”, che pare avere un passetto molto delicato a metà. Poi gli uomini salgono un altro quinto facile, mentre io inizio a ritirare l’attrezzatura.
Ridendo e scherzando si sono fatte le 19 ed è ora di rientrare.
Arriviamo ad Arco che sono ormai le 20 passate, troppo tardi per andare a cena alla Speck Stube a Malcesine, come avevamo pregustato per tutta la giornata, nonostante i lamenti di Luca, vegetariano.
Ripieghiamo sul primo ristorante che ispira fiducia a tutti quanti (del quale purtroppo non ricordo il nome) e mai scelta avrebbe potuto essere così azzeccata! Ci rinfranchiamo dopo le legnate della giornata con una sontuosa cena a base di carpaccio di carne salada e spetzle per me, Teo e Fabio, e risotto al radicchio e Teroldego seguito da un buon dolcino per Luca; il tutto innaffiato da generoso Nosiola.
Cosa c’è di meglio che buon cibo e buon vino dopo una giornata di lotta alla roccia?

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